Dividendi: i rendimenti elevati sono solo uno specchio per allodole?

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Oltre a contribuire al rendimento, i dividendi rappresentano un barometro del valore per gli azionisti. Importante però è non farsi ammaliare da cedole elevate, così come non fuggire a priori da titoli a basso rendimento, ma selezionare con attenzione le società

La volatilità, si sa, può giocare brutti scherzi anche agli investitori più navigati sui mercati. Tuttavia, coloro che hanno scelto di investire in società che staccano dividendi possono auspiciare di proteggersi dall’incertezza sui listini grazie a una rendita costante. Tra questi, ancora più fortunati sono coloro che hanno in passato deciso di reinvestire le cedole ricevute negli anni: infatti, “i dividendi hanno storicamente rappresentato un potente motore per i rendimenti totali, soprattutto quando il reddito è stato reinvestito” spiega Yoichiro Kai, Portfolio manager, global equity dividend strategy di T. Rowe Price. “Dal 1970, i dividendi composti hanno rappresentato oltre il 70% dei rendimenti azionari globali. Se si considerano gli ultimi 20 anni, i dividendi hanno rappresentato una parte importante dei rendimenti totali nei principali mercati sviluppati ed emergenti”. Tra cui l’Europa, “dove i dividendi hanno contribuito a oltre il 46% dei rendimenti totali dal 1999


Con l’inoltrarsi dell’anno sono numerose le società che si apprestano allo stacco delle cedole. Tra queste quelle quotate a Piazza Affari, borsa che si stima essere la più generosa in questa nuova tornata, con cedole complessive pari a 30 miliardi di euro, un incremento dell’11,3% rispetto al 2022 (tra le date da segnare in agenda, il 24 aprile e il 22 maggio pv). Investire in queste aziende prima del giorno x può quindi rappresentare un’interessante opportunità


I rendimenti elevati non bastano…

Tuttavia, è importante non farsi ammaliare dalla sola prospettiva di rendimenti elevati dei dividendi, che “non promettono di per sé un forte rendimento totale” spiega il gestore. Infatti, così facendo spesso gli investitori trascurano “la sostenibilità dei dividendi e i fondamentali aziendali che li sostengono. Alcune società che pagano dividendi elevati possono semplicemente avere limitate opportunità di crescita e pochi utilizzi per la liquidità disponibile. Altrettanto discutibili sono le società ad alta intensità di capitale che, per invogliare gli investitori, si fanno carico di pagamenti troppo elevati”, con il rischio di compromettere la qualità dell’azienda stessa. Infatti, “tali imprese potrebbero faticare a mantenere i loro dividendi nel tempo o a raggiungere la crescita degli utili necessaria a far apprezzare il prezzo delle azioni”. 

… ma i titoli a basso rendimento non vanno evitati a priori

Non solo: escludere a priori “i titoli a basso rendimento senza un’attenta valutazione delle prospettive di una società presenta delle insidie” continua Yoichiro Kai. “Dividendi bassi ma in crescita possono [infatti] indicare società che si trovano su un percorso di espansione degli utili, con flussi di cassa che iniziano a superare le esigenze di spesa in conto capitale. Questi titoli possono generare rendimenti totali considerevoli grazie alla combinazione di dividendi e crescita degli utili. Nella valutazione di queste società è particolarmente importante comprendere il loro impegno nei confronti dei rendimenti per gli azionisti e l’enfasi posta sui dividendi”. 

Meglio preferire società che pagano dividendi duraturi e in crescita

Come fare, quindi? Secondo l’esperto di T. Rowe Price, chiave è saper selezionare i giusti titoli. Da preferire sono ad esempio “le società che pagano dividendi duraturi e in crescita”, che risulteranno in una maggiore possibilità di ottenere rendimenti totali corretti per il rischio costanti nel lungo periodo. È questa la strategia della casa di gestione statunitense, che punta “su società di alta qualità che producono utili composti e che sono ben posizionate per pagare o far crescere i dividendi nel tempo, evitando invece le società di bassa qualità che pagano dividendi insostenibili”, specie se inserite in un settore che beneficia di una spinta strutturale. Un framework che guida “l’approccio generale nella valutazione delle società in tutti gli spettri di rendimento da dividendo e di intensità del capitale” conclude Yoichiro Kai.

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