Dall'olio di palma non si sfugge, ma dalla deforestazione sì
21.4.2022
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Il viaggio verso la sostenibilità nella produzione di olio di palma presenta molte sfide da affrontare, ma investitori e partner possono aiutare le aziende disposte a cambiare in meglio
Olio di palma, una produzione discussa
La coltivazione della palma da olio è una delle principali cause della deforestazione, talvolta di foreste pluviali incontaminate. In alcune zone dell'Asia tropicale e dell'America centrale e meridionale, ad esempio, i produttori sono autorizzati ad abbattere gli alberi per soddisfare la crescente domanda, determinata anche dalla convenienza dell'olio di palma rispetto ad altri olii in termini di quantità prodotta per ettaro e di bisogno ridotto di fertilizzanti. “Parte del problema si verifica perché la produzione di olio di palma è altamente frammentata in paesi come l'Indonesia, dove il 40% del raccolto proviene da due gruppi di piccoli proprietari” spiega l'esperto. “Il primo gruppo è composto da piccoli agricoltori organizzati che vendono il loro olio di palma agli impianti di lavorazione delle grandi società quotate in borsa. Il secondo vede invece i piccoli proprietari indipendenti vendere a chiunque paghi il prezzo migliore”. Per questi produttori, l'olio di palma rappresenta un mezzo importante per guadagnarsi da vivere e avere accesso alle catene di fornitura globale. “Tuttavia, la loro piccola scala rende difficile pagare i costi di certificazione, che invece non costituiscono un problema per le grandi compagnie industriali”. L'esperto sottolinea come in questo modo l'importanza di riconoscere il grande valore dell'olio di palma per queste economie emergenti e di trovare un equilibrio tra la sostenibilità e la tanto necessaria attività economica in tali mercati.
Il ruolo degli stakeholder
Per alcuni investitori, le implicazioni ambientali sono una ragione sufficiente per eliminare del tutto le aziende produttrici di olio di palma dall'universo investibile. “Questo porta a chiedersi se l'engagement possa contribuire alla trasformazione del settore” aggiunge van der Werf. “Crediamo che sia possibile, a patto che si osservino regole e principi chiari. Ci aspettiamo che le aziende usino la loro influenza per sostenere questi gruppi di piccoli proprietari, aiutandoli ad organizzarsi e a farsi certificare, oltre che per fare pressione sui governi affinché applichino standard più severi e sistemi di gestione del rischio più efficienti”. Robeco ha discusso di questioni di sostenibilità con i produttori di olio di palma in Malesia e Indonesia per anni. Nel 2019, ha richiesto a tutte le società partecipate di diventare membri della Roundtable of Sustainable Palm Oil (Rspo, un'organizzazione agricola nata nel 2004 con l'obiettivo di promuovere la crescita e l'uso di prodotti di olio di palma sostenibile attraverso standard globali credibili e il coinvolgimento delle parti interessate) e di certificare almeno il 20% delle proprie piantagioni, ma anche di prepararsi a rigorose tabelle di marcia per arrivare al 100%. Dal 1° gennaio di quest'anno, la soglia per la certificazione Rspo è salita al 50%, con un chiaro percorso che punta ad avere almeno l'80% delle piantagioni certificate entro la fine del 2024. Per quelle società che si trovano appena sopra il 20% indicato, Robeco ha istituito un programma strutturato di engagement rafforzato per aiutarle a raggiungere l'obiettivo di certificazione successivo. Per assicurare questa garanzia di sostenibilità in graduale crescita, la Rspo richiede che ogni azienda membro abbia un piano scadenzato per passare alla certificazione al 100% entro cinque anni dall'adesione e dall'inizio del processo di certificazione.