Economia circolare: come invertire la rotta in un mare di rifiuti

La fase di transizione a cui gli operatori del mercato sono chiamati a partecipare per ovviare a rischi ambientali legati a sovra utilizzo di materie prime e accumulo di scarti conduce ad un’economia che si definisce circolare. Ne parliamo con Robeco

Circa il 90% della perdita di biodiversità, della scarsità idrica e delle emissioni di gas nocivi è causato dall’eccessivo tasso di estrazione delle risorse naturali e da un loro inefficace utilizzo e dannoso smaltimento. Sono questi i dati riportati dalle Nazioni Unite (ONU). In un ecosistema che risulta essere sempre più inquinato e sommerso dai rifiuti, sostenibilità e nuove tecnologie rappresentano le possibili soluzioni da perseguire insieme il più velocemente possibile per interrompere questo processo di autodistruzione.
Le catene di approvvigionamento lineari che caratterizzano i processi di produzione di gran parte delle aziende a livello globale stanno alimentando due incombenti minacce: una eccessiva estrazione di risorse naturali (che, al ritmo attuale, rischia di raddoppiare entro il 2060) ed un accumulo di scarti nelle discariche e lungo le coste.

Che cos’è l’economia circolare

La fase di transizione a cui gli operatori del mercato sono chiamati a partecipare per ovviare a questi rischi conduce ad un’economia che si definisce circolare. L’Assemblea per l’Ambiente delle Nazioni Unite del 2019 la definisce un modello in cui materiali e prodotti vengono “ideati per poter essere riutilizzati, rilavorati, riciclati o recuperati e quindi tenuti in circolo il più a lungo possibile”. In questo scenario, riciclo, riparazione e riutilizzo rappresentano i concetti chiave della produzione a livello globale. Questo nuovo modello di business si concentra sul massimo sfruttamento di ogni fase della fornitura: dalla riduzione degli scarti nelle prime fasi, all’utilizzo di prodotti alternativi rinnovabili (ovvero, non soggetti ad esaurimento) per la produzione e il packaging finale. Molteplici opportunità circolari sono adottabili in pressoché tutti i settori. Un’importante applicazione esemplificativa è rappresentata dalla possibilità di sostituzione della sovrautilizzata materia plastica (economica da reperire da un lato, notevolmente costosa per l’ambiente dall’altro) con elementi composti da materiali biologici quali fibre vegetali, oli di alghe e proteine complesse. Nei settori agricolo ed alimentare, sempre più stressati dal cambiamento di abitudini dei consumatori e dalla maggiore pressione sull’approvvigionamento idrico, i fertilizzanti agro-biologici rappresentano una valida e sostenibile alternativa alle sostanze chimiche inquinanti.

Il molteplice contributo dell’economia digitale

“Noi come investitori, e il mondo più in generale, abbiamo bisogno di molte soluzioni. La buona notizia è che ne abbiamo diverse” commentano gli esperti di Robeco all’interno del “The Big Book of climate investing”. Un cambio di rotta così significativo non può avvenire senza un parallelo e significativo supporto da parte della tecnologia. Piattaforme digitali di e-commerce, “sharing economy”, realtà aumentata, Internet delle cose e tecnologie basate sul cloud hanno già dimostrato di potersi prestare a molteplici applicazioni. Modularità e possibilità di condivisione sono le caratteristiche fondamentali della nuova economia digitale che possono contribuire ad una progettazione più efficace dei prodotti, oltre che ad una migliore qualità a costi (anche ambientali) ridotti.

Sfide ed opportunità d’investimento

Gli investitori, pronti ad assumere un ruolo di leadership per uscire da questa crisi, identificano nella sostenibilità e nelle imprese che la perseguono un motore chiave dell’innovazione. Robeco ha all’attivo due strategie, RobecoSAM Circular Economy Equities e RobecoSAM Smart Materials Equities, per investire in aziende alla ricerca di soluzioni innovative indirizzate al bilanciamento tra utilizzo efficace delle risorse e crescita economica. “Puntiamo fortemente sulle nostre strategie tematiche: possiamo offrire uno screening e coinvolgere le società. In più, abbiamo da un lato strategie climatiche che si concentrano sulle aziende all’avanguardia nella transizione, e dall’altro strategie basate sui green bond che si dedicano a finanziare tale transizione.”

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