Cina: come il paese più inquinante raggiungerà il net zero

La Cina, il paese più inquinante al mondo, si sta muovendo per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2060. Diversi i settori coinvolti

“Il raggiungimento della neutralità carbonica nel giro di 40 anni da parte del maggior produttore di CO2, ovvero la Cina, non sarà una sfida da poco, ma avrà delle conseguenze di vasta portata”. Lo affermano gli esperti di Robeco, secondo cui “le straordinarie sfide legate a questa transizione presentano anche numerose opportunità di investimento”.
Attualmente, la Cina è responsabile di quasi il 30% delle emissioni globali di anidride carbonica, seguita da Stati Uniti (15%) e Unione Europea (9%), secondo i dati dell’International Energy Agency (Iea) basati sulle emissioni di CO2 da combustibili fossili del 2019. Nel 2020, inoltre, quella del Dragone è stata l’unica economia mondiale a registrare un incremento della sua quota, continua l’Iea. I principali responsabili di tale podio? La produzione di energia e calore, l’industria e i trasporti, che insieme rappresentano per il 90% della CO2 emessa dal paese, aggiunge l’agenzia.
“Per facilitare la transizione energetica serviranno investimenti colossali, soprattutto in ambito di fonti rinnovabili, elettrificazione dei trasporti e creazione di energia nucleare”, aggiungono da Robeco. Tre le direzioni principali secondo la società in vista dell’ambizioso obiettivo al 2060: cambio di direzione del Pil, rinnovato mix energetico e ruolo dei crediti di carbonio.

Cina, i 3 principali sforzi da compiere per il net zero

“Anzitutto, il Prodotto interno lordo (Pil) nazionale dovrà smettere di puntare su settori ad alto consumo di carbonio come la produzione industriale e l’edilizia, privilegiando attività a più bassa emissione come i servizi. Infatti, è da oltre dieci anni che la Cina ha iniziato a prendere gradualmente le distanze dal comparto industriale”, sostengono dalla società.
In secondo luogo, “la Cina dovrà cambiare mix energetico, sostituendo carbone e petrolio con fonti rinnovabili. Malgrado le ingenti somme investite nell’ultimo decennio in energia idroelettrica, eolica e solare, l’economia cinese rimane fortemente dipendente dai combustibili fossili”.
Infine, “a giocare un ruolo chiave saranno anche i crediti di carbonio”. Infatti “è improbabile che si giunga a una piena decarbonizzazione senza ricorrere a iniziative di compensazione. Da questo punto di vista, è probabile che le tecniche di estrazione, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS), così come la forestazione e la riforestazione, diventino strumenti indispensabili per i governi”. Primo passo in questo senso, il primo sistema per lo scambio di emissioni (Ets) nazionale, lanciato il 16 luglio scorso dal governo cinese attraverso lo Shanghai environment energy exchange.

Le opportunità da cogliere per gli investitori

“Visti i cambiamenti che il raggiungimento della neutralità di carbonio esigerà in molti settori, per gli investitori è essenziale identificare i principali rischi a cui potrebbero esporsi e identificare le opportunità interessanti”, proseguono da Robeco. “Probabilmente, le aziende più esposte saranno quelle dei produttori di combustibili fossili e in particolare i colossi petroliferi, il cui core business è intrinsecamente incompatibile con la decarbonizzazione. Molti settori, tra cui quello petrolchimico, le acciaierie e i cementifici, soffriranno se non sapranno gestire al meglio la transizione. Al contrario, le società che la favoriscono saranno destinate a beneficiare del trend”.
Tre le aree chiave secondo Robeco, secondo cui “ad aggiudicarsi la maggior parte degli investimenti saranno le fonti rinnovabili, i veicoli elettrici e la riqualificazione delle reti elettriche, tecniche di stoccaggio dell’energia e industria dell’idrogeno”, concludono dalla società.

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