Guerra russo-ucraina: cosa ne sarà della transizione ecologica

Le guerre navali del XIX secolo accelerarono il passaggio dalle navi a propulsione eolica a quelle a carbone. La prima guerra mondiale, invece, innescò il passaggio dal carbone al petrolio e la seconda guerra mondiale l’introduzione del nucleare
A causa della crisi pandemica le catene di approvvigionamento erano già state sottoposte a forti sollecitazioni, i mercati energetici erano già tesi e i prezzi globali delle materie prime erano saliti ai massimi dagli ultimi 10 anni
McKinsey: “Riteniamo che la guerra avrebbe nel complesso un impatto negativo sul breve termine, causando una deviazione da una transizione più ordinata. L’impatto a lungo termine, tuttavia, potrebbe ancora rivelarsi un punto di svolta positivo”
La guerra russo-ucraina, almeno nel breve termine, ostacolerà la transizione verso un’economia a zero emissioni. Ma i suoi tragici sviluppi, secondo una nuova analisi di McKinsey, potrebbero innescarne un’accelerazione nel medio periodo. Posto un impegno sufficientemente rapido da parte dei leader del settore pubblico e privato. Oltre che della finanza.
La storia, tra l’altro, lo dimostra. Le guerre navali del XIX secolo accelerarono il passaggio dalle navi a propulsione eolica a quelle a carbone. La prima guerra mondiale, invece, incentivò il passaggio dal carbone al petrolio e la seconda guerra mondiale l’introduzione del nucleare come una delle principali fonti di energia. “In ognuno di questi casi le innovazioni in tempo di guerra sono fluite direttamente nell’economia civile, inaugurando una nuova era”, spiegano gli analisti della società internazionale di consulenza manageriale. “La guerra in Ucraina è diversa in quanto non stimola l’innovazione energetica in sé, ma ne rende più chiara la necessità. Tuttavia, il potenziale impatto potrebbe essere ugualmente trasformativo”.
Innanzitutto, l’invasione russa è giunta in un momento già segnato da progressi insufficienti verso un’economia a zero emissioni entro il 2050. Se gli impegni fino ad allora assunti fossero stati raggiunti, il mondo non sarebbe stato comunque in grado di stabilizzare il riscaldamento globale a 1,5°C. Tra l’altro, ricorda McKinsey, la maggior parte di tali impegni non erano supportati da adeguate risorse finanziarie. Parallelamente, l’economia mondiale soffriva di diverse condizioni preesistenti. A causa della crisi pandemica le catene di approvvigionamento erano già state “sottoposte a forti sollecitazioni, i mercati energetici erano già tesi e i prezzi globali delle materie prime erano saliti ai massimi dagli ultimi 10 anni”. Tendenze che sono state poi esacerbate dalle tensioni nell’Est Europa.
La transizione ecologica, si legge nel rapporto, può essere trainata da tre driver: l’innovazione tecnologica, la creazione di catene di approvvigionamento che consentano a loro volta la diffusione di nuove tecnologie e la disponibilità di risorse naturali. Tre fattori che risultano oggi soggetti all’interruzione della produzione in Ucraina, alle sanzioni economiche contro la Russia e alla ridotta cooperazione tra le nazioni. Tra l’altro, l’importante peso di Mosca sulle risorse naturali (come rame, nichel e silicio) ha già prodotto uno shock significativo sul fronte dell’offerta. Materiali essenziali per quattro delle più importanti tecnologie net-zero: turbine eoliche onshore e offshore, pannelli solari, veicoli elettrici e accumulatori di energie. Senza dimenticare infine l’impatto, sempre a breve termine, sulla terra. Ucraina e Russia sono infatti importanti produttori dei principali prodotti agricoli, come grano e fertilizzanti. Motivo per cui, avverte McKinsey, la carenza di forniture e l’aumento dei prezzi nei mercati agricoli potrebbe portare alla conversione di ulteriori terreni in produzione agricola in tutto il mondo aumentando i tassi di deforestazione e le emissioni.
“Riteniamo che la guerra avrebbe nel complesso un impatto negativo sul breve termine, causando una deviazione da una transizione più ordinata”, osservano gli analisti. “L’impatto a lungo termine, tuttavia, potrebbe ancora rivelarsi un punto di svolta positivo se i leader agissero con lungimiranza e coraggio e fossero supportati da un crescente mandato popolare”. Questo futuro, concludono, dipende da due fattori. Il primo è che la portata della guerra in Ucraina resti contenuta. Il secondo è un impegno sufficiente da parte dei leader del settore pubblico, privato e sociale nel riconoscere che gli investimenti in energie rinnovabili, efficienza energetica e decarbonizzazione non sono cause di un aumento dei prezzi dell’energia o dell’insicurezza ma soluzioni a quei problemi. “Una leadership lungimirante richiederà di sfruttare la consapevolezza del momento rendendo tale mandato sostanziale e ponderato”. Quanto alla finanza, le istituzioni dovranno infine sviluppare un approccio più solido alla riduzione delle emissioni finanziate, identificare e capitalizzare nuove opportunità di decarbonizzazione e supportare le aziende su questo fronte.
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