Meno 80% del valore: non un titolo, ma la fauna d’acqua dolce

Rispetto a 50 anni fa, quattro quinti delle popolazioni di specie d’acqua dolce non esistono più e quasi un terzo degli ecosistemi mondiali d’acqua dolce è stato distrutto. Quello della biodiversità è un problema che sembra distante ma riguarda la società da molto vicino. E paragonarlo alla finanza potrebbe forse risvegliare più coscienze rispetto allo stato attuale

Capire la vera portata del cambiamento climatico è difficile: abituati a vivere sfruttando le risorse della Terra e portando scarso rispetto, le questioni riguardanti l’ambiente sembrano sempre più distanti di quanto in realtà siano. Si potrebbe fare quindi un esperimento, suggerisce Pictet Asset Management: “immaginiamo che i principali mercati azionari del mondo abbiano perso quattro quinti del loro valore. Ora chiediamoci: i governi non farebbero nulla per invertire il declino o si attiverebbero immediatamente?”.

La distruzione degli ecosistemi d’acqua dolce

La domanda appare retorica. Ma se queste stesse percentuali riguardassero la fauna d’acqua dolce, forse la risposta non sarebbe così scontata. Tuttavia, è proprio quello che sta succedendo sotto gli occhi di un mondo distratto: negli ultimi 50 anni le popolazioni di specie di acqua dolce sono calate dell’83% e circa il 30% degli ecosistemi mondiali di acqua dolce è stato distrutto. Tra le specie più colpite i delfini di fiume, castori, coccodrilli e storioni. Ma il problema, purtroppo, è diffuso: oltre un quarto delle specie di acqua dolce (incluso un terzo di tutti i pesci d’acqua dolce) potrebbe essere destinata all’estinzione, se non si agirà tempestivamente a riguardo.
Questo secondo i dati del Living planet index (Lpi) del Wwf, un indice che si concentra sulle popolazioni di animali selvatici proprio come la sua controparte nei mercati farebbe con i prezzi delle azioni. Ambiente e finanza sembrano avere in comune molto di più di quanto si possa immaginare.

Un problema dalle conseguenze (anche) economiche…

La distruzione degli ecosistemi d’acqua dolce, per quanto remoto possa sembrare, è in realtà un problema dalle importanti conseguenze anche a livello economico. “Senza fiumi e zone umide sane, non avremo abbastanza acqua da bere o colture da mangiare. E milioni di persone, in particolare quelle dei paesi più poveri, perderanno la possibilità di cibarsi grazie alla pesca in acque dolci”, sottolinea Pictet AM. E, con pochi fiumi e paludi in salute a fare da scudo contro i sempre più frequenti eventi metereologici estremi, anche le città e i residenti sarebbero sicuramente più esposti ai rischi di tali catastrofi.

… cui serve una risposta immediata

Serve quindi un piano d’azione concreto e concretizzabile. Necessità cui il Wwf sta rispondendo attraverso il piano di recupero di emergenza per la biodiversità delle acque dolci, progetto da includere nelle discussioni sul tema a venire.
Soprattutto quella che vedrà i governi del mondo riunirsi per ratificare la Convenzione sulla diversità biologica a Kunming, in Cina, tra ottobre e novembre 2020. E così come è indubbio che i governi non troverebbero ostacoli nell’invertire un calo ripido e sostenuto di un qualsiasi indice azionario, così “il piano di recupero della biodiversità globale di acqua dolce avrà bisogno di un sostegno analogo, soprattutto da parte dei leader politici, per avere successo”, conclude Pictet AM.

 

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