Anni ’70 e rischio stagflazione: oggi come allora?

Rischio stagflazione? Non negli anni ‘20 di questo millennio secondo gli esperti di Pictet Asset Management, che hanno comparato l’attuale contesto economico e di mercato con la crisi sorta negli anni dei pantaloni a zampa di elefante

Misure espansive, iniezione di liquidità ed incentivi al credito sono solo alcune delle politiche ultra accomodanti poste in essere da governi e banche centrali per riattivare il tessuto di base. Il tutto, con un rischio di fondo: il ritorno dell’inflazione accompagnata da una fase di stagnazione economica. In una parola, stagflazione.

Crisi e stagflazione: back to 1970

Secondo Patrick Zweifel, Chief economist di Pictet AM, una stagflazione in stile anni ’70 sarebbe oggi da escludere. Le ragioni sono da ricercarsi nell’economia reale. Cinquanta anni fa, un doppio shock sul mercato del petrolio (la guerra dello Yom-Kippur nel 1973 e la Rivoluzione Iraniana nel 1979) innescò un brusco rialzo del prezzo dei beni primari e di consumo (alimentari anzitutto). Con una economia che all’epoca era molto più orientata verso il settore manifatturiero e industriale, “l’elevato livello di dipendenza dal petrolio dei Paesi sviluppati, faceva sì che quei picchi dei prezzi si riflettevano rapidamente nell’economia”. Il progressivo peggioramento del tasso di occupazione ed il rallentamento dell’economia hanno quindi posto le basi per la tempesta perfetta.

Oggi non è allora: le incognite future

Nell’attuale contesto, le cose sono differenti. Anzitutto, per una dipendenza dell’economia mondiale dal petrolio in netta contrazione rispetto al passato; in secondo luogo, per la percezione da parte degli investitori degli stimoli monetari forniti, la cui effettiva efficacia nel tessuto economico si vedrà solo a tendere, inibiti oggi dal timore di una seconda ondata. Il nodo ruota quindi attorno alle aspettative sul futuro, nozione base dei libri di teoria: “Un’inflazione attesa più elevata induce a un aumento della spesa, che aumenta il ritmo di circolazione del denaro, che a sua volta esercita pressioni al rialzo sui prezzi e alimenta ulteriormente l’inflazione. Ma con tassi d’interesse a zero, che rappresentano ciò che è noto come la trappola della liquidità, diventa difficile l’avvio di questo ciclo. Questo perché non vi sono costi nel trattenere il denaro e quindi non c’è una forte spinta a iniziare a metterlo in circolo – per cui la velocità di circolazione della moneta rimane bassa”.

I 3 possibili shock all’orizzonte

Quali possibili In primo luogo, i lavoratori potrebbero chiedere aumenti salariali in vista dell’aumento dell’inflazione, minacciando di alimentare una spirale negativa. In seconda analisi, l’adeguazione a nuovi parametri di sicurezza potrebbe aumentare il costo medio scaricato sul cliente finale. Infine, la de-globalizzazione.

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