Big della tecnologia sempre più big?

La tecnologia resta un trend secolare di lungo corso. Va però selezionata. Ne parliamo con gli esperti di Pharus

La volatilità di inizio anno registrata su alcuni settori torna a sottolineare come gli investitori tendano a ragionare per macro concetti: inflazione, uguale a rialzo dei tassi, uguale a vendite sul settore tecnologico, trattandosi di long duration asset, penalizzati dalle prospettive di aumento del costo del denaro. È però bene non far di tutta l’erba un fascio: le big tech, che producono utili e che sono in grado di diversificare e ampliare nel tempo le proprie fonti di profitto, rispondono a logiche di forza relativa e vantaggio competitivo particolari.
“La tecnologia rimane un trend fondamentale per il lungo periodo” Riccardo Volpi, Fund Manager di Pharus. “Il vantaggio competitivo delle aziende nel settore tech è caratterizzato da alcuni principi che permettono a una azienda di diventare leader e mantenere il proprio posizionamento nel tempo.
Anzitutto, l’innovazione continua del business, che significa ampliare i propri business. Esempi ci arrivano da Microsoft, che fa del cloud la principale fonte di revenue; Netflix, che si muove verso il gaming; Shopify, che amplia il servizio dei pagamenti; Zoom, che con l’acquisto di Five9 allarga la portata del servizio video conference.
In secondo luogo, una ampia base di consumatori, che permetta il cross-selling di servizi. L’esempio più chiaro arriva da Apple, che offre una serie di servizi cloud e integrati ai propri devices.
Terzo vantaggio, l’essere un grande ecosistema: ogni azienda non esiste da sola, ma fa parte di una catena del valore. E’ il caso di Asml, leader nel fornire ai chip maker macchine di Litografia ultravioletta estrema (Euv).
Infine, nuovi modelli di business, che si esplicano nella capacità di creare nuovi mercati non ancora esistenti, sfruttando modelli di business a basso costo”.

La stagione delle trimestrali tech

I mercati restano intanto in attesa di conoscere i risultati della seconda reporting season 2021.
“Sicuramente” aggiunge Stefano Reali, Fund & Portfolio manager di Pharus, “i settori più ciclici sfruttano l’effetto base, cioè la partenza da utili dell’anno scorso molto bassi rispetto ai numeri correnti”. È il caso, ad esempio, del settore industriale, o quello energetico. “Questo recupero permette inoltre a quasi tutti i settori di compensare le perdite registrate nel 2020. Il settore tech, invece, essendo stato uno dei pochi comparti ad aver registrato una crescita nel 2020, evidenzia comunque una crescita in linea con il mercato. Un dato da tenere monitorato sarà sicuramente l’andamento dei margini societari, per iniziare a valutare l’impatto dell’inflazione sulle aziende.

La relazione tra ripresa e tecnologia

Prima il rally. Poi la ‘rotazione settoriale’ che ha penalizzato i growth. A partire dal mese di giugno lo scenario macroeconomico di riferimento sembra essere in parte cambiato: “Siamo passati dalla paura dell’inflazione alla paura del rallentamento della crescita. Questo ha portato a sua volta ad un rallentamento del reflation trade, ovvero della rotazione settoriale, e a una ripresa della tecnologia” aggiunge Volpi. “I timori sulla crescita hanno al contempo causato un appiattimento (flattening) della curva dei rendimenti americana, con i tassi a lunga scadenza scesi ed un rialzo di quelli a breve, tipico segnale lanciato dai bond vigilantes impauriti da possibili cali di crescita. Questo ha portato gli investitori a rivalutare i settori high growth, i tech in particolare, portando quindi un effetto positivo sul settore a maggior crescita. Questo tema potrà rappresentare un boost per il tech nel medio-lungo periodo.

Il tema della regolamentazione cinese

La stretta regolatoria imposta dalla Cina ha impattato diversi settori: dall’education, al real estate, alla tecnologia. “Per capire questi interventi è necessario mettersi nei panni dell’economia e politica centralizzata che caratterizza la Cina. L’economia cinese risulta infatti essere centralizzata e non segue le dinamiche di mercato caratteristiche degli stati occidentali, quindi la distruzione creativa che caratterizza i mercati occidentali non funziona liberamente, ma viene gestita” prosegue Volpi. Questa gestione ha vantaggi e svantaggi sull’equilibrio industriale cinese, ma non colpisce e non modifica business solidi e posizionamento delle aziende leader che lo caratterizzano. “Anzi, queste tensioni creano una opportunità che l’investitore paziente riuscirà a monetizzare”.
Altro tema è invece quello che si lega al rinnovo delle tensioni commerciali Cina-Usa (assieme con Nato ed Europa). “Le guerre degli anni 90 erano guidate dalla ricerca del petrolio, il settore energetico pesava infatti molto sull’economia” argomenta Reali. “Ora siamo passati alla tecnologia come settore trainante dell’economia, e quindi è il tech ad essere al centro delle dispute internazionali. A sua volta, nel tech sono due i settori che risultano essere al centro della diatriba: i semiconduttori, per il ruolo che hanno nella produzione industriale, essendo le nuove materie prime cardine per lo sviluppo futuro; la sicurezza informatica, avendo oramai sostituito la difesa tradizionale. Aree alle quali noi da sempre prestiamo grande attenzione e su cui concentriamo l’allocazione del Pharus Next revolution” conclude l’esperto di Pharus.

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