Relazioni complesse di mercato: quando l’euforia diventa isteria

Nella sfida alle opportunità sul mercato dell’equity, gli Stati Uniti battono l’Europa, di nuovo. Il conflitto al confine con l’Ucraina non ha modificato le regole del gioco, all’interno di un mercato in cui le aziende d’oltreoceano sono ancora percepite come più resilienti

Nella sfida tra le opportunità sul mercato dell’equity, gli Stati Uniti battono l’Europa, di nuovo. Il conflitto al confine con l’Ucraina non ha modificato le regole del gioco, all’interno di un mercato in cui le aziende d’oltreoceano sono ancora percepite come le più solide.

Guardando in primo luogo al contesto, i mercati globali si trovano ad affrontare una nuova fase di risk-off. Le ragioni sono note: inflazione a rialzo, banche centrali meno accomodanti, difficoltà lungo le catene di approvvigionamento e rischio geopolitico. La domanda che ci si pone a questo punto è: siamo di fronte a una semplice correzione di mercato o a un vero e proprio ‘bear market’? “Si tratta di capire se la fase che attraversiamo si porta con sé o si trascinerà dietro un calo degli utili” commenta Riccardo Volpi, Fund Manager di Pharus.

In una fase di mercato delicata, estraniarsi dagli eventi e ragionare sui fondamentali possono aiutare l’investitore a mantenere saldo il proprio focus di investimento. Al centro delle preoccupazioni, specie europee, vi è il tema di come uscirà il Vecchio Continente da questo scenario di tensioni: “In portafoglio, preferiamo ancora l’equity statunitense, verso il quale rimaniamo moderatamente ottimisti”. Secondo l’esperto, la differenza strutturale e industriale tra Europa e Stati Uniti farà la differenza in portafoglio e si riverbererà sulla tenuta degli utili societari, colpiti solo marginalmente dalle sanzioni al mercato russo-ucraino.

“Storicamente” prosegue Volpi da Pharus, “l’80% delle correzioni avvenute in contesti di utili crescenti come quelli che vediamo oggi sono state guidate dal de-rating. Mediamente, i ribassi registrati sono stati compresi tra il -10% e il -20%, una correzione che per il mercato è vista come ‘normale’”.

Andando ad analizzare le valutazioni di quest’anno, “l’S&P 500 è atteso in crescita nel 2022 di circa l’8,5%”. Ancora, “se si allarga l’orizzonte temporale, è possibile notare come l’8,5% sia anche la crescita media degli utili dell’indice S&P 500 degli ultimi 50 anni” elemento di stabilità e di conferma sui fondamentali.
Tra i settori che dovrebbero fare meglio in termini di crescita, titoli energetici e industriali occupano il primo posto (con rialzi attesi nell’ordine del 34-36%), a seguito anzitutto delle correzioni passate. Meno bene il comparto finanziario, visto in calo nel 2022 del 10% circa.

Proprio il comparto finanziario apre ad un’altra riflessione: “Si sente ormai sempre più spesso parlare di stagflazione, come uno scenario di stagnazione economica e di rialzo dell’inflazione. E bene: è necessario utilizzare questa parola con parsimonia”, cercando di capire cosa sia da imputarsi alla fase che viviamo e cosa invece sia il frutto di anni di politiche erronee o non efficaci. “Se si guarda all’ultimo decennio, il settore bancario americano è cresciuto complessivamente del 10% circa; quello europeo del 3% appena, bloccato in una fase di stagnazione di lungo periodo”. Il settore bancario rappresenta solo un esempio di scarsa lungimiranza e scarsi investimenti in Europa: altro esempio arriva dal settore energetico, ove la mancanza di pianificazione, la mancanza di stoccaggio e la mancanza di piani strategici seri hanno portato (e stanno portando tuttora) il comparto in forte sofferenza.

La storia ci insegna che, in ogni periodo storico, ci sono elementi diversi di risk-off; in questo momento, inflazione e rischio politico. In una fase di mercato delicata, è importante non perdere la bussola e focalizzarsi su quelle aziende leader che presentano utili crescenti, capaci di cogliere le opportunità che il mercato presenta e di costruire portafogli vincenti nel medio periodo.

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