Le nicchie tech che resistono

Dal record di novembre il Nasdaq è letteralmente crollato,
perdendo il 30% del proprio valore. E i fondi della categoria azionario
tecnologico hanno ceduto da inizio anno quasi il 19%. Se il biennio pandemico è
stata l’epoca dei titoli hi tech, il 2022 sarà ricordato come l’anno della
grande rotazione, dalla tecnologia growth ai settori ciclici value.
Il rosso dei portafogli sbilanciati su Faang e affini si fa
sempre più profondo. Ma il movimento contingente – e la pioggia di vendite che
colpisce il settore a ogni notizia negativa - non dovrebbe cambiare la dinamica
di lunghissimo termine che i trend tecnologici secolari continuano a contenere
al loro interno. Nel breve termine bisognerà muoversi con cautela perché nuovi
ribassi sono possibili, ma vale la pena, non appena il vento cambierà di nuovo,
trovarsi pronti per riposizionarsi sul fronte digitale.
Quanto alle performance dei fondi, ci sono delle nicchie che
hanno resistito meglio ai colpi inferti dal crollo di fiducia e dal picco di
inflazione. A guardare la classifica dei fondi hi-tech top performer nel primo
trimestre, si riconoscono appunto quei comparti che rappresentano i megatrend
destinati a restare nei prossimi decenni. C’è da dire, in ogni caso, che nessun
fondo di questa categoria ha messo a segno un rendimento positivo da inizio
anno. A contenere meglio le perdite è il Fondo Big Data di Edmond De Rothschild
(-3,7%): a un anno la performance è positiva di oltre il 9% rispetto a una
perdita media di settore superiore al 10%. I big data sono d’altronde un game
changer di molte industrie e sono in una fase ancora embrionale dello sviluppo.
Secondo in classifica, il Pharus Sicav Electric Mobility Niches (-5,2%), che
invidua nella mobilità elettrica il suo fattore di crescita. Ancora, ben sotto
la media di settore, si colloca il Fondo Eiger Robotics di Mfsa (-6,5%). Nella
top ten compaiono fondi specializzati sulle infrastrutture digitali, sui nuovi
trend industriali e sul fintech globale. Insomma, niente titoli dello
stay-at-home, niente smart working, sale riunioni virtuali o e-commerce (e
neppure il metaverso, la cui comprensione è ancora poca), ma molti abilitatori
della transizione digitale delle industrie tradizionali. A cui evidentemente
neppure la tempesta perfetta del mese di maggio è riuscita a tarpare del tutto
le ali.