Inflazione: più che le previsioni contano le strategie

L’inflazione è tra i temi più complessi di cui discutere. In un mercato fatto di politiche monetarie e fiscali inesplorate, la discussione relativa al tema dell’aumento dei prezzi si complica

L’inflazione è tra i temi più complessi di cui discutere. In un mercato fatto di politiche monetarie e fiscali inesplorate, la discussione relativa al tema dell’aumento dei prezzi si complica. Fatte da parte le previsioni, “la prima domanda da porsi” precisa Stefano Reali, Fund & Portfolio manager di Pharus, “è chi e che cosa possa essere minacciato da una eventuale vigorosa crescita dell’inflazione e chi, invece, ha le giuste caratteristiche per sopportarla”.

Inflazione, come valutare le scelte di portafoglio

Partendo da una rapida disamina del contesto di riferimento, a far scattare la paura di un eccessivo surriscaldamento dell’economia (statunitense, anzitutto) è stata la pubblicazione del dato di aprile sull’indice dei prezzi al consumo Usa, salito al 4,2% (+0,8% rispetto al mese precedente), maggior rialzo dal 2009. Un dato che risulta distorto dalla depressione pandemica, ma che ha comunque attivato il campanello d’allarme degli investitori.
Un rialzo dell’inflazione mette alla prova la capacità di gestione dei costi delle materie prime da parte delle aziende. Ci sono tuttavia nel mercato alcune realtà che tale incremento di costo sono in grado di assorbirlo, che si tratti di una crescita dell’inflazione strutturale o temporanea.
“Alcune aziende godono di un hedge naturale sull’inflazione, avendo la capacità di ribaltarlo sulle loro marginalità senza impattare sui costi totali” ha proseguito Reali. “Si tratta di aziende leader di settore o di nicchie di mercato. Non sono necessariamente grandi società di stampo globale; pensiamo invece alle eccellenze di mercato, con un’importante market share”.

Aziende resilienti all’inflazione: 5 caratteristiche

“L’aspetto che più differenzia un’azienda capace di scaricare l’aumento dei prezzi sui beni finali è la presenza di un vantaggio competitivo”, che permetta di sopportare un aumento dei costi produttivi senza che questo comporti una riduzione dei profitti. Tali aziende, argomenta Riccardo Volpi, portfolio manager di Pharus, presentano cinque caratteristiche fondamentali: “godono di una posizione di leadership nel segmento di mercato in cui operano; sono caratterizzate da margini elevati e crescite stabili presenti o future (riscontrabili attraverso ipotesi sui prossimi anni); presentano indici di reddittività elevati e consistenti; hanno una forte componente intangibile (ad esempio, un brand riconosciuto e unico); presentano forti capacità innovative e l’abilità di rigenerare il proprio business”. Si aggiungono poi a queste le componenti intangibili legate a tematiche Esg e di sostenibilità, sentori di consistenza a più lungo termine.

Il fattore tempo e le nuove opportunità

A prescindere dal tipo di scenario, “tali aziende rappresentano alcune delle migliori opzioni che si possono avere in portafoglio, in grado di resistere ad un possibile stress inflazionistico” aggiunge quindi Reali.
Il meccanismo di aggiustamento dei prezzi dei beni, tuttavia, non è immediato: ogni iter necessita di tempo, varia a seconda dal settore di riferimento e dipende dalle diverse catene di approvvigionamento (il cosiddetto processo di globalizzazione). E’ quindi opportuno individuare quelle aziende già pronte a sopportare il rischio inflazione.
In un nuovo scenario di riferimento, “va infine tenuto in considerazione il fatto che l’inflazione creerà comunque nuove opportunità” conclude Volpi: storni di mercato dettati per lo più da prese di profitto e volatilità di brevissimo termine possono infatti aprire la strada a buone opportunità di acquisto.

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