Il dilemma d’inizio 2022: questione di tassi o d’inflazione?

Il 2022 si è aperto con un dilemma: meglio il rischio di una crisi dettata dal rialzo dei tassi e da politiche monetarie più stringenti delle attese, o il rischio di una crisi connessa all’eccessivo livello di inflazione? A prescindere dal contesto, l’importante è farsi trovare preparati

Il rischio “crisi” sul mercato resta una incognita costante, che si leghi al rialzo dei tassi più brusco delle attese o al rialzo dell’inflazione in chiave permanente. Ecco allora che il 2022 si apre ancora una volta all’insegna delle decisioni di politica monetaria, con una Banca Centrale europea in posizione flat e una Federal Reserve americana che detta il passo: primo rialzo dei tassi a marzo 2022 e poi una serie di altri rialzi che, pur non ancora fissati, hanno già iniziato a sortire i propri effetti sul mercato. Non solo: l’attesa di un’azione di restringimento del bilancio federale ha fatto perdere ai mercati la fiducia nel supporto duraturo e continuo fornito dalla Fed nel corso degli ultimi anni, con conseguenze dirette per i settori più sensibili alla duration. A riprova di ciò, il sell off dell’indice tecnologico Nasdaq, in calo del 13% nelle prime tre settimane di gennaio.

“Come spesso accade, è opportuno staccarsi per un attimo dalla view di breve, analizzando lo scenario in un orizzonte di più lungo termine” commenta Riccardo Volpi, Fund manager di Pharus.
Dal punto di vista della crescita economica, infatti, “il 2022 resta l’anno del rientro alla normalità, con crescite attese intorno al 4%” si legge all’interno dell’outlook della casa d’investimento, il PHARLook 2022. Il downgrade degli effetti via via più gestibili legati alla pandemia determinerà il passaggio “dalla pandemia a una ‘endemia’, che permetterà a quasi tutti i Paesi di recuperare terreno sul fronte produttivo entro fine 2022”.
Prospettive di crescita emergono anche dall’analisi del Leading Economic Index (anche noto come LEI Index), che anticipa il possibile trend legato alla crescita delle attività economiche future. “Il LEI mostra un’economia degli Stati Uniti forte e al di sopra dei valori pre-pandemia, e un’Europa che, seppure più indietro, si posiziona in fase di espansione economica” proseguono da Pharus.

A giocare un ruolo chiave nel sostegno della crescita economica saranno anzitutto tre fattori: il permanere di importanti stimoli fiscali, che per il triennio 22-24 “peseranno circa lo 0,5% sulla crescita reale del Pil in Europa e l’1,5% negli Stati Uniti”; l’incremento della spesa per consumi statunitense “prevista in forte crescita nel 2022”; un ampio tasso di partecipazione al mercato del lavoro, seppur con un livello di nuovi posti di lavoro creati che potrebbe non raggiungere il picco della fase pre-pandemica.

Sul percorso di ripresa 2022 si stagliano però anche alcuni ostacoli. Il PHARLook 2022 cita in particolare tre aspetti sui quali riporre attenzione: le tensioni legate alla possibilità di nuove e vecchie varianti (meno letali, ma comunque destabilizzanti); il perdurare di blocchi e difficoltà legate all’andamento delle catene di approvvigionamento; infine, l’inflazione.
“Per capire quanto potrebbe durare l’inflazione è necessario analizzarne le componenti” proseguono da Pharus. Oltreoceano, a incidere sul lato dell’offerta, sono state materie prime, energy e commodities, che hanno portato l’inflazione americana al 7%. “Riteniamo che la normalizzazione di almeno due di queste componenti riporterà l’inflazione verso la soglia del 3-4%”. Discorso differente per quanto riguarda l’Europa: considerato l’effetto dell’aumento delle materie prime combinato alla transizione energetica e alla rivalutazione del dollaro, “riteniamo che il 5% registrato nelle ultime settimane dall’indice dei prezzi al consumo sia destinato a risentire nel breve termine della crisi energetica e politica che sta vivendo il continente”. L’inflazione rimane quindi un fenomeno dal lato dell’offerta. Dal lato della domanda, infatti, aggiunge Volpi di Pharus “i salari reali, soprattutto negli Stati Uniti, stanno facendo fatica a recuperare”.

In un contesto di mercato sfidante, Pharus Sicav Conservative permette agli investitori di conseguire una crescita del capitale nel lungo periodo grazie a un portafoglio bilanciato e, come suggerisce il nome stesso, conservativo. Il comparto investe principalmente in obbligazioni (governative e corporate), con un approccio prudente, sia in termini di duration che di rischio di credito. Il portafoglio può essere investito in azioni fino a un massimo del 40%, utilizzando strategie quantitative a supporto delle analisi. “Al momento preferiamo selezionare singoli titoli di elevata qualità di aziende leader, dai solidi fondamentali e con prospettive di crescita di utili superiori al mercato”. Tra i settori in focus che offrono le maggiori opportunità, secondo gli esperti, si confermano il settore tecnologico assieme all’innovazione medicale. Completano l’allocazione bond governativi, floater e obbligazioni indicizzate all’inflazione. Il rischio cambio viene integralmente coperto.

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