Cina: rischi all’orizzonte, forse il Dragone non è così forte?

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Pechino ha fissato un obiettivo di crescita al 5% per quest’anno, deludendo le attese del mercato. Ma attenzione, perché questo potrebbe essere il primo segnale di indebolimento. All’orizzonte gli esperti di PGIM vedono una serie di rischi per la seconda potenza economica mondiale

La Cina rallenta il passo, deludendo le attese degli analisti, che ora si interrogano se si tratti di un inciampo temporaneo o di un cambio di ritmo più duraturo. Le stime di crescita fissate da Pechino nel corso del Congresso annuale del Partito non solo sono più basse del previsto, ma sono anche tra le più basse degli ultimi decenni. E PGIM vede all’orizzonte una serie di fattori che potrebbero mettere in discussione la traiettoria di crescita della seconda potenza economica mondiale nel lungo termine: “L’economia cinese si trova ad affrontare una serie di rischi molto diversi da quelli occidentali”, avverte Daleep Singh, Chief Global Economist di PGIM Fixed Income.

La Cina rallenta il passo

Secondo quanto emerso dal Congresso annuale del Partito, l’economia cinese quest’anno crescerà del 5%. Una percentuale che se paragonata a un rischio recessione negli Stati Uniti e nell’Eurozona non appare di certo brutta, ma se confrontato con un obiettivo del 5,5% dello scorso anno e addirittura del +8,1% del 2021, appare decisamente modesta. Senza contare che il colosso asiatico è reduce da un 2022 particolarmente fiacco, in cui il Pil è cresciuto solo del 3%, segnando una delle performance più deboli da decenni, a causa soprattutto degli effetti della politica della tolleranza zero al Covid, della crisi del settore immobiliare e della domanda estera indebolita.

Le attese sul programma economico della Cina per il 2023 erano alte. Gli analisti si aspettavano un obiettivo di crescita superiore al 5% quest’anno, effetto di un rimbalzo tecnico dopo la debolezza del 2022 e della fine della politica zero Covid. Ma la riunione del Congresso nazionale ha invece deluso.

Ostacoli alla crescita? Attenzione a questi rischi

La delusione potrebbe essere non così di breve durata. L’esperto di PGIM Fixed Income, infatti, solleva alcuni dubbi sul futuro del Dragone. Innanzitutto sull’effetto della riapertura del paese, che dovrebbe portare sì un beneficio concreto ma quasi esclusivamente al settore dei servizi, come la ristorazione, l’intrattenimento e il turismo, pesantemente penalizzati dalla politica zero-Covid degli ultimi tre anni. “Nel complesso, siamo scettici sul fatto che la riapertura da sola possa portare il paese a una traiettoria di crescita significativamente più elevata. – sostiene Singh – Perché ciò accada, è necessario arrestare la caduta libera del settore immobiliare”. Fondamentale dunque un ulteriore sostegno all’immobiliare, oltre che uno stimolo fiscale nelle infrastrutture, che sembra essere in fase di attivazione.

Ma non è tutto. Perché guardando a un orizzonte più lontano, si intravedono alcuni rischi. “Al di là del breve termine, non vediamo altro che venti contrari, ciclici e strutturali, per la seconda economia mondiale”. Quali sono? Dal punto di vista ciclico, l’esperto indica una domanda esterna, l’ultimo motore di crescita rimasto in Cina lo scorso anno, in frenata nel prossimo futuro a causa di un possibile rallentamento economico nei paesi sviluppati che spingerà i consumatori a livello globale a stringere la cinghia.

A questo si aggiungono i venti contrari strutturali, che rappresentano una sfida ancora maggiore per la crescita della Cina nel lungo periodo. Il primo riguarda proprio il settore immobiliare: “In passato, l’investimento nel settore immobiliare è stato un motore di crescita fondamentale e non ci aspettiamo ritorni”. Tra gli altri fattori preoccupanti anche una forza lavoro meno dinamica a causa del rapido invecchiamento della popolazione. Si ricorda infatti che nel 2022 la popolazione cinese è calata per la prima volta in oltre 60 anni, mettendo in luce la crisi demografica che sta colpendo la nazione più popolosa del pianeta. Da ultimo, la forte riduzione della crescita della produttività totale dei fattori (in gergo finanziario il Total Factor Productivity, TFP), considerato come l’aspetto più preoccupante della crescita a lungo termine della Cina, in quanto misura il grado di efficienza economica. “Se la storia insegna qualcosa, l’aumento della TFP cinese è rallentato a un ritmo che sembra insufficiente per uscire dalla trappola del reddito medio”, ovvero quel pericolo di rimanere bloccati in una fascia di reddito medio, che non è più così basso da permettere un significativo vantaggio competitivo nelle esportazioni ad alta intensità di lavoro e allo stesso tempo non è abbastanza appetibile da attrarre (o mantenere) risorse le cui competenze e capacità di innovazione potrebbero creare nuovi vantaggi competitivi. Un pericolo di cui Pechino è ben consapevole. Lo stesso capo del governo Li Keqiang ha ammesso nel suo intervento al Congresso annuale che in Cina, le basi per una crescita stabile devono essere consolidate.


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