Caso Credit Suisse: cinque indicazioni chiave per i mercati

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La caduta del Credit Suisse ha scosso i mercati, ma a ben vedere le sue difficoltà erano chiare da molto tempo. PGIM analizza quali siano adesso le prospettive da cui ripartire

Sotto la regia della banca centrale svizzera, Ubs è andata in soccorso della rivale Credit Suisse con un’operazione da 3 miliardi di franchi svizzeri volta ad assicurare la stabilità finanziaria. Le autorità svizzere hanno rimarcato come la fusione tra Ubs e Credit Suisse non sia un salvataggio ma un accordo, il migliore possibile per riportare la fiducia.
Per convincere UBS della bontà dell’operazione le autorità svizzere hanno dovuto mettere in atto una serie di rassicurazioni: la banca centrale elvetica ha stanziato 100 miliardi di franchi svizzeri di liquidità, oltre a garanzie per 9 miliardi chf da parte del governo svizzero per far fronte ad eventuali perdite di Credit Suisse.
Il salvataggio del Credit Suisse – accolto con favore da Federal Reserve e Bce, con Christine Lagarde che ha rimarcato la solidità del settore bancario europeo che gode di forti posizioni di capitale e liquidità – ha calmato le acque sui mercati. Ma cosa ci aspetta potenzialmente? PGIM ha messo insieme cinque conclusioni chiave all’indomani del salvataggio del colosso bancario svizzero.

1. QUESTO NON È IL 2008

La difficile situazione del Credit Suisse, arrivata a stretto giro dopo il crollo della Silicon Valley Bank, ha accresciuto i timori di una più ampia emergenza finanziaria. L’incertezza come sempre è nemica dei mercati e l’esitazione erode la fiducia. In questo caso però la Banca nazionale svizzera è stata rapida nell’evitare il ripetersi delle lezioni apprese dal processo decisionale ritardato nel 2007-2008.

“Indipendentemente dall’iniziale reazione negativa del mercato, vale la pena ricordare che le conseguenze sarebbero state molto peggiori se le autorità non avessero affrontato il Credit Suisse così rapidamente”, argomenta Sushil Wadhwani, CIO di PGIM Wadhwani.

Non va poi dimenticato che, dopo la grande crisi finanziaria del 2008, le normative europee hanno posto le banche sotto rigorose strutture di stress test e di maggiore dotazione di capitale per assorbire le perdite. PGIM rimarca come l’aver evitato il collasso di una banca sistemica va considerato positivamente, così come il coinvolgimento di sostegno del governo svizzero, delle autorità di regolamentazione e delle banche centrali nelle altre principali giurisdizioni in cui operano Credit Suisse e Ubs.

2. UN RICORDO CHE I BOND AT1 SONO RISCHIOSI

Uno dei motivi dell’iniziale reazione avversa del mercato è stata la sorprendente decisione di eliminare le obbligazioni AT1, anche se i detentori di azioni Credit Suisse hanno ricevuto un importo diverso da zero. Questo ha sollevato dubbi tra gli investitori proprietari di bond AT1 che si chiedono se le loro partecipazioni potrebbero essere prive di valore in caso di difficoltà di altre banche. La Bce ha subito rassicurato i mercati, indicando che qualsiasi risoluzione che coinvolga le banche dell’area dell’euro comporterà perdite per gli azionisti prima dei detentori di AT1. Ma l’incertezza potrebbe rimanere e quanto accaduto ha certamente riacceso i riflettori circa il rischio associato a strumenti ad alto rendimento come l’AT1 e qualsiasi altra obbligazione subordinata.

3. COESISTENZA DI LOTTA ALL’INFLAZIONE E STABILITÀ FINANZIARIA

Il caso Credit Suisse inevitabile vilmente ha acceso i fari su un possibile cambio delle priorità in seno alla Bce. L’istituto centrale europeo a marzo ha rispettato la sua tabella di marcia un aumento dei tassi di 50 punti base e ha indicato altri strumenti per affrontare la stabilità finanziaria. I responsabili delle politiche monetarie hanno ben chiaro che i fattori di stress in corso nel settore bancario potrebbero portare a un inasprimento degli standard di prestito e rallentare l’economia. Allo stesso tempo la lotta all’inflazione rimane una priorità. Separare queste due esigenze non sarà facile. Una sponda è rappresentata dai primi segnali che la pressione inflazionistica sta uscendo dall’ebollizione, offrendo probabilmente alla Bce un conforto sufficiente per mettere in pausa il suo ciclo di rialzi dei tassi senza dare l’impressione che stia facendo un passo indietro rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione.
Compito forse più facile quello della Bank of England. “Aver iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi prima di un certo numero di altre banche centrali, pone la BoE in una posizione vantaggiosa in questo frangente”, asserisce Katherine Neiss, chief european economist di PGIM Fixed Income. La Bank of England aveva inoltre già segnalato la possibilità di una pausa nei rialzi dei tassi nella sua precedente riunione, e i primi segnali che la pressione inflazionistica sta venendo meno dovrebbero dare alla banca centrale un conforto sufficiente per mettere in pausa il suo ciclo di rialzi dei tassi senza dare l’impressione che lo sia fare un passo indietro rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione. “Una tale mossa avrebbe l’ulteriore vantaggio di offrire un po’ di sollievo ai mercati in questo momento”, aggiunge Neiss.

4. SITUAZIONE ANCORA IN EVOLUZIONE

Naturalmente, i cicli di inasprimento monetario quasi sempre generano sorprese in termini di vulnerabilità precedentemente sottovalutate. I mercati adesso sono ovviamente più vulnerabili agli shock futuri sulla scia di quanto accaduto con il Credit Suisse. A detta di PGIM, se le discussioni sul limite del debito negli Stati Uniti andranno male, l’impatto sull’economia globale e sui mercati potrebbe essere molto maggiore che in tempi più “normali”.

 5. NESSUN’ALTRA VITTIMA EUROPEA IN VISTA

La caduta del Credit Suisse, istituto che aveva alle spalle 167 anni di storia, non è certamente stato un fulmine a ciel sereno. Negli anni infatti il colosso di Zurigo aveva evidenziato diverse crepe tra ristrutturazioni, rimpasti di gestione e crisi di governance. Dopo aver resistito a consistenti deflussi dalla sua attività principale di gestione patrimoniale, equivalenti alla corsa ai depositi che ha portato alla caduta di Silicon Valley Bank, alla fine Credit Suisse non è riuscita a sopravvivere.
Altre realtà bancarie europee in affanno in passato, a partire da Deutsche Bank, non si trovano oggi nelle stesse difficoltà del Credit Suisse.

In conclusione, l’epilogo di queste settimane non è quindi del tutto sorprendente, anzi. “La debacle del Credit Suisse è stata una questione di fiducia amplificata dall’insolvenza di SVB. Ulteriori aumenti dei tassi d’interesse eserciteranno una maggiore pressione sul sistema bancario. Ad un certo punto, le banche centrali dovranno decidere se preferiscono combattere la depressione o l’inflazione”, taglia corto Grégoire Haenni, CIO del fondo pensione dello stato di Ginevra (CPEG).

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