Reddito fisso flessibile, ma ESG: un settore (ancora) poco esplorato

Anche se le strategie d’investimento sostenibili sono una tendenza crescente, c’è un’area che rimane poco esplorata quando si tratta di ESG e finanza: il reddito fisso flessibile

La scalata della sostenibilità nel mondo della gestione patrimoniale continua, dimostrando di essere “una delle tendenze più stabili del settore negli ultimi anni”, afferma Bastian Gries, Portfolio manager di ODDO BHF Asset Management. Lo confermano le cifre: secondo Morningstar, al 29 settembre 2021, i fondi appartenenti agli art. 8 e 9 del Regolamento Sfdr (Sustainable finance disclosure regulation) rappresentano complessivamente il 34% del patrimonio totale europeo, con previsioni di crescita fino al 50% entro 12 mesi. Tuttavia, un settore rimane poco esplorato quando si tratta di strategie e finanziamenti verdi, secondo Gries. “Anche se il numero di fondi sostenibili disponibili è cresciuto significativamente insieme ai flussi, attualmente ci sono ancora poche soluzioni flessibili a reddito fisso che incorporano pienamente anche i fattori ESG nella loro strategia“.

Reddito fisso flessibile, ma ESG

“In linea con l’impegno di ODDO BHF AM per gli investimenti sostenibili, a gennaio di quest’anno la nostra strategia flessibile total return nel segmento del reddito fisso, ODDO BHF Sustainable Credit Opportunities, ha integrato anche rigorosi standard ESG”, continua l’esperto. “La motivazione risiede nella volontà di soddisfare la domanda di investimenti allineati a criteri di sostenibilità e la necessità di soluzioni flessibili a reddito fisso, che mirano a ottenere rendimenti positivi nonostante l’attuale contesto di mercato.” Infatti, la gestione della soluzione non è legata a indici di riferimento e l’obiettivo di investimento è quello di ottenere una performance, al netto delle commissioni, superiore all’indice Eonia +3% (Euro overnight index average, ovvero il tasso di interesse medio di riferimento per le operazioni a brevissimo termine sul mercato interbancario europeo, ndr). Di conseguenza, il fondo ha la flessibilità di adeguare la duration modificata all’andamento dei tassi di interesse in un range compreso tra -2 e +8 e di adeguare il rischio di credito. Classificato come Art. 8 Sfdr, il fondo al 31 settembre investe principalmente nel settore bancario, immobiliare e industriale, con un’esposizione geografica in Germania, Francia e Italia, tra gli altri.

Come avviene l’integrazione ESG?

Sono tre i pilastri dell’integrazione ESG all’interno del fondo: esclusione settoriale, adozione di un sistema proprietario di punteggio di sostenibilità best-in-universe, spinta attiva al cambiamento attraverso attività di engagement e dialogo con le aziende in cui la strategia investe (il cosiddetto approccio best-effort). “Inoltre”, continua Gries, “non investiamo in aziende con bassi rating di capitale umano e corporate governance, in quanto è nostra convinzione che una cattiva gestione di questi fattori metta a rischio l’implementazione della strategia di lungo termine dell’azienda, creando così una potenziale fonte di perdita del valore creato”. Un processo, quello della società, che ha portato “all’esclusione di circa il 20% dell’universo investibile”, aggiunge il gestore, e che “garantisce che almeno il 90% degli emittenti è analizzato sia da un punto di vista finanziario, che da quello dell’ESG”. D’altra parte, “il vantaggio di una strategia allineata con i criteri della sostenibilità è che esclude automaticamente quelle aziende con strutture di governance deboli o il rischio di obsolescenza in futuro, entrambi i fattori centrali per evitare il rischio di insolvenza. Siamo quindi convinti che l’integrazione ESG non solo aumenta la flessibilità del nostro approccio, ma piuttosto ci aiuta a ottenere buoni rendimenti aggiustati per il rischio nel lungo termine“, conclude Gries.

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