I 5 insegnamenti del crollo del mercato obbligazionario UK

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Dalla crisi dei titoli a reddito fisso inglesi si può imparare per non ripetere gli errori, secondo Bruno Cavalier capo economista di ODDO BHF. Ad esempio che la coerenza delle politiche fiscali è importante. E che la UE può offrire riparo dalle speculazioni finanziarie

Che cosa si può imparare dalla crisi del mercato obbligazionario inglese? Ad esempio che il rialzo dei tassi di interesse si sta rivelando una vera e propria cartina di tornasole dei punti di debolezza del sistema finanziario globale. Molti analisti si chiedono fino a che punto potrà spingersi la stretta delle banche centrali senza provocare instabilità finanziaria. È emblematico il caso del Regno Unito che ha dovuto affrontare una crisi senza precedenti. Il governo guidato dalla leader del Partito Conservatore Liz Truss è durato pochi giorni: il piano di riduzione delle tasse sui redditi elevati è stato criticato dal Fondo Monetario Internazionale e ha avuto contraccolpi sui mercati finanziari che hanno visto crescere di 100 punti base il rendimento dei Gilts trentennali costringendo la Banca d’Inghilterra a intervenire come prestatore di ultima istanza per evitare crisi di liquidità per i fondi pensione. Ma si tratta di un episodio isolato che riguarda solo il mercato UK o è il campanello di allarme di una situazione che può contagiare altri sistemi finanziari? Non è semplice rispondere. Dall’analisi di questa situazione, però, si possono ricavare almeno 5 insegnamenti validi a livello internazionale, ha spiegato Bruno Cavalier – Capo economista ODDO BHF.

1. La vigilanza ha strumenti sufficienti?

L’episodio dei fondi pensione inglesi offre più di uno spunto di riflessione. Il primo è che questi investitori istituzionali sono per natura poco inclini all’azzardo. Un altro è che il mercato inglese appartiene a una delle principali economie a livello globale e quindi con caratteristiche di liquidità e sicurezza elevate. Chi vigila sui mercati ha vari strumenti a disposizione come regolamentazione, riserve di capitale e stress test, ma sono sufficienti per controllare tutti i rischi di mercato? Questa riflessione non riguarda solo il Regno Unito e soprattutto merita più di qualche approfondimento sulla scia delle iniziative di finanza decentralizzata che si diffondono a livello globale.

2. Velocità di trasmissione tra mercato finanziario e reale

Dopo molti anni di tassi bassi, un mercato con tassi elevati per lungo tempo mette in difficoltà le diverse tipologie di investitori incluse famiglie e imprese, con ripercussioni sia sul mercato finanziario che quello reale. Le tensioni sui prestiti finiscono per indebolire i mercati immobiliari, sensibili a questo elemento. E la velocità del passaggio da uno scenario di tassi all’altro ha determinato le criticità avvenute nel Regno Unito.

3. Quali strumenti a disposizione delle banche centrali

Come conciliare politiche monetarie tese a garantire la stabilità dei prezzi con quelle a favore della stabilità finanziaria? E quanto una stretta monetaria aggressiva a livello globale può causare instabilità? Le banche centrali, dalla Bank of England alla Fed, fino alla Bce, devono valutare questi aspetti e decidere quali strumenti utilizzare per controllare i prezzi. Agire sui tassi non è l’unico mezzo ma appare il più efficace a fronte di altri (come la variazione dei portafogli di attività degli istituti centrali).

4. Le politiche incoerenti costano care

Secondo alcuni analisti l’innalzamento repentino dei tassi britannici (vedi grafico sotto) è il risultato di una valutazione negativa sulla sostenibilità nel tempo dell’aumento dei deficit di bilancio e quindi di un conseguente premio al rischio molto più elevato. Questa interpretazione, però, può essere limitata. Quello che in realtà è stato maggiormente sanzionato dai mercati, sostiene il capo economista di ODDO BHF, è la mancanza di credibilità degli effetti delle misure fiscali proposte dal governo UK. I mercati obbligazionari potrebbero anche accettare deficit più elevati a fronte di eventi fuori dall’ordinario, come la pandemia del 2020 o l’attuale crisi energetica hanno mostrato. Quello che non sembrano disposti ad accettare, invece, è una politica incoerente.

5. Pro e contro dell’appartenenza alla UE

Alla base della votazione che ha portato alla Brexit nel 2016 vi è stata la convinzione che far uscire il Regno Unito dall’UE avrebbe comportato più libertà di manovra e liberato un grande potenziale. Questi eventi recenti non sembrano suffragare questa tesi.

L’Unione Europea non è certo un sistema impeccabile e ha un apparato tecnocratico macchinoso ma ha degli elementi positivi, sottolineano gli analisti di ODDO BHF. Ogni paese aderente, infatti, deve rispettare regole economiche e politiche. Chi si impegna ad avere i conti in ordine e a rispettare le regole dello stato di diritto viene premiato, secondo la logica alla base dei trasferimenti del piano della ripresa europea (noto con l’acronimo NGEU).

Un’ultima notazione: nei giorni delle turbolenze finanziarie che colpivano il mercato inglese l’Italia, che aveva appena eletto una coalizione con radici euroscettiche, non era sotto attacco e questo può essere interpretato come un incentivo a rimanere sotto l’ombrello protettivo offerto dalla Ue.

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