Il private debt sopravviverà all’aumento dei tassi e dell’inflazione?

Inflazione galoppante, recessione all’orizzonte e volatilità nuovamente protagonista, con l’indice di volatilità Vix nuovamente sopra la soglia dei 30 punti, mettono alla prova le principali asset class, private debt incluso. Gli strumenti di debito volti a finanziare le società a piccola e media capitalizzazione, tradizionalmente apprezzati dagli investitori istituzionali per via della loro minore volatilità e maggiore illiquidità, potrebbero infatti subìre i colpi di coda di una delicata situazione macroeconomica. Quale futuro per il private debt, quindi? Lo spiegano gli esperti di NN Investment Partners, che hanno sottoposto l’asset class a una serie di stress test allo scopo di valutare i possibili effetti di una recessione e/o del prolungamento di un periodo caratterizzato dall’alta inflazione su tre loro portafogli: corporate loans, commercial real estate e infrastructure private debt. Ecco i risultati.
Stress test per i portafogli di private debt: quali risultati?
“Nello scenario dello stress test, abbiamo stimato una contrazione del Prodotto interno lordo (Pil) globale pari al 3% e un livello di inflazione anno su anno pari al 7%” spiega Niels Bodenheim, Head of alternative credit di NN IP. “Uno degli obiettivi principali era valutare la potenziale pressione sui margini operativi dei mutuatari, ovvero la misura in cui maggiori tassi di interessi e inflazione porterebbero a costi elevati e in cui gli scenari di recessione ridurrebbero le loro entrate”. I risultati? “Abbiamo riscontrato che il nostro punto di ingresso per queste strutture finanziarie è avvenuto a un livello di leverage appropriato, che ha mantenuto stabili i cash flow dei mutuatari nonostante le potenziali turbolenze di mercato. Il fatto che le società sottostanti operano in settori non ciclici è poi un beneficio aggiunto”. La resilienza che i portafogli offerti da NN IP sembrano mantenere dipende quindi dalla loro composizione difensiva e dall’alto livello di attenzione che sta dietro a ogni contratto prima dell’effettiva sottoscrizione. L’obiettivo è quello di assicurarsi di poter agire d’anticipo, evitando il rischio di default e sviluppando una serie di strategie utili per momenti di forte incertezza.
Cosa succede agli investimenti sostenibili?
“Abbiamo inoltre condotto test separati per identificare i potenziali impatti ambientali, sociali e di governance (Esg) risultati da tassi di interesse più alti e da una elevata inflazione, oltre che da una recessione” continua Bodenheim. “La nostra conclusione è che le normative [come la tassonomia europea, ndr] e i costi dell’energia in crescita [ad esempio in Italia nel mese di agosto un megawattora è arrivato a costare 543 euro, secondo i dati di Statista, ndr] continueranno a incidere sulla governance, rendendo l’opzione degli investimenti sostenibili sempre più attraente e migliorando la loro performance finanziaria”.
In conclusione…
Nonostante lo stress-test sia stato creato su uno scenario ipotetico, la realtà non è troppo lontana. “Fattori esterni come l’attuale crisi energetica possono essere utili per identificare le sensibilità verso specifici eventi di cui teniamo conto nel monitoraggio dei nostri portafogli e nella scelta dei nuovi investimenti”. concludono da NN IP. In ogni caso, il risultato del test dovrebbe tranquillizzare gli investitori: sembra infatti che “un portafoglio di investimento ben diversificato e strutturato nell’ambito del private debt, specialmente con un focus sugli asset reali, sia in grado di ridurre la volatilità in uno scenario inflattivo e/o recessionario, mantenendo al contempo attrattività grazie a rendimenti elevati”.