Dal climate bond al net zero, un processo di investimento a impatto

Sono ancora deboli gli investimenti impiegati nel raggiungimento degli obiettivi net zero, con le aziende ancora indietro nel processo di transizione energetica. La soluzione? Il Climate bond. Ne parliamo con gli esperti di Lombard Odier Investment Managers

Per conseguire gli obiettivi sulla strada del net zero, il sistema energetico necessita di investimenti pari a 5 mila miliardi di dollari all’anno entro il 2030, un salto rilevante rispetto ai livelli attuali poco superiori ai $2 mila miliardi. Tale cifra non tiene conto degli investimenti in infrastrutture, economia circolare e nature-based solution, espressione coniata dalla Commissione europea che afferisce a soluzioni innovative e a basso impatto, ispirate al comportamento della natura.
Sono solo alcune delle stime contenute nel report Net Zero by 2050 dell’International Energy Agency per il 2021.
“Un mercato obbligazionario ‘climatico’ in crescita e sempre più diversificato potrebbe aiutare a soddisfare la necessità di impiegare capitale in investimento ad impatto” commentano gli esperti di Lombard Odier Investment Managers (LOIM). Tante opportunità, quindi, ma anche alcuni rischi reali da non sottovalutare.

Net zero: rischi ma anche opportunità

Una delle difficoltà più significative è rappresentata dalle discrepanze esistenti tra l’attuale livello di emissioni prodotte da alcuni settori dell’economia reale e gli ambiziosi impegni dei governi in ambito net zero. “Molte aziende sono ancora lontane dall’essere allineate con gli Accordo di Parigi” spiegano gli esperti. “Questo, dal punto di vista degli investimenti, può creare ogni tipo di esposizione al rischio, tra cui quello fisico e quello di responsabilità”.
Esistono però anche numerose opportunità, da ricercare in specifici segmenti di mercato: “Oggi, i nostri investimenti non si concentrano solamente in settori a basse emissioni di carbonio, perché è in quelli a più alto grado di emissioni che avrà luogo la maggior parte della transizione, nonché dove emergeranno i veri leader del cambiamento climatico”.
Un ulteriore aspetto da considerare è che “solo le aziende che revisionano i propri modelli di business e cambiano profondamente saranno adatte alla transizione” aggiungono gli esperti.
Prima di dare fiducia a un’azienda è dunque fondamentale concentrarsi sull’esposizione ch’essa ha al tema del clima, così da comprenderne lo stato attuale, le sfide che dovrà affrontare lungo il percorso, ma anche le implicazioni finanziarie che tale processo di transizione comporterà. “Lo definiamo impatto sul valore climatico, ed è quello che dovranno affrontare i portafogli”.
In che modo è possibile cogliere queste opportunità?

Global Climate Bond: la soluzione verso il net zero

A marzo 2017, attraverso una partnership strategica con Affirmative Investment Management (AIM), Lombard Odier Investment Managers ha lanciato la strategia Global Climate Bond, che finanzia progetti in settori quali le energie rinnovabili, i trasporti sostenibili e le infrastrutture resilienti al tema del clima, ovvero “settori che mitigano o aiutano ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico” spiegano dalla società. Il portafoglio si allinea con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
E’ utile citare qualche numero per spiegare meglio l’impatto ambientale e sociale che sortiscono gli investimenti del fondo. Secondo il Global Climate Bond – Impact Report pubblicato da LOIM, sono stati supportati oltre 2.330 progetti in 163 Paesi, pari a tre quarti del globo, per un totale di 628 milioni di dollari di masse gestite ad agosto 2021. Grazie all’azione della strategia, sono state evitate 126.600 tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente del carbonio assorbito da oltre 2 milioni di piante di almeno 10 anni. E ancora, sono stati risparmiati 6.150.00 m3 di acqua ogni anno, equivalenti a oltre 2.400 piscine olimpioniche, e gestiti in modo sostenibile 10.500 ettari di terreni, ovvero l’area di oltre 13.600 campi da calcio.

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