Mercati a rischio bolla? Cosa ci dice l’indice di Heiligenberg

L’indice di misurazione delle bolle di mercato risulta al suo livello più alto dalla crisi finanziaria del 2008. Complessivamente, non dovrebbe destare però particolari preoccupazioni

L’indice di Heiligenberg, che misura il rischio che un mercato si trovi all’interno di una bolla, si trova al suo livello più alto dalla crisi finanziaria del 2008. Tale indice deve il nome al suo ideatore, Emiel van den Heiligenberg, Head of asset allocation di Legal and General Investment Management (LGIM).
La fase di ripresa attraversata dai mercati fino alla seconda metà del secondo ha alimentato il rischio di una possibile bolla finanziaria: “è diffusa la convinzione che i vaccini batteranno il virus, che l’inflazione sarà solo un fenomeno transitorio, che ci sarà una crescita a lungo termine, che i tassi di interesse rimarranno bassi più a lungo e che le banche centrali non li aumenteranno tanto da scuotere i mercati” spiega van den Heiligenberg. Quindi, “con i mercati azionari in rialzo, è un momento opportuno per analizzare l’indice della bolla, che sorprendentemente, non è cambiato dall’ultimo trimestre” commenta l’esperto.

“Non sorprende che il rischio di una bolla sia così alto in questo particolare periodo”. L’indice di Heiligenberg tende infatti ad alzarsi quando un massiccio importo di liquidità viene iniettato nel sistema sia dalle autorità monetarie, che da quelle fiscali. “La buona notizia è che questo rischio di bolla non è in aumento, è anzi diminuito marginalmente nell’ultimo trimestre” chiarisce van den Heiligenberg.

Rischio di bolla elevato, ma stabile

L’indice si trova comunque a un livello elevato, ma risulta stabile per quattro principali ragioni individuate dall’esperto.
Anzitutto, “si riscontra un debole segnale di deregolamentazione finanziaria; quest’ultimo è stato identificato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) come sintomo di formazione di una bolla”.
In secondo luogo, “i tassi di interesse sono diminuiti di recente. Il ribasso del costo del denaro è un’arma a doppio taglio per lo scoppio delle bolle: da un lato, nella fase matura di una bolla, si vedono salire i tassi di interesse; dall’altro, i bassi rendimenti possono essere un fattore che contribuisce alla formazione di una bolla nel momento in cui facilitano l’aumento della leva finanziaria”.
Il terzo fattore è che in una bolla ci si aspetterebbe poca cautela da parte degli investitori, cosa che non è avvenuta: “il sentiment verso gli asset rischiosi resta ottimista, ma con cautela”.
Infine, “le bolle immobiliari spesso precedono o coincidono con le bolle di mercato. Tuttavia, riteniamo che i tassi ipotecari eccezionalmente bassi che stiamo riscontrando oggi possano portare a un significativo superamento dei prezzi delle case e delle costruzioni. Questo, insieme a un surriscaldamento economico verso la fine del 2022, potrebbe far sì che l’indicatore della bolla raggiunga livelli più preoccupanti”.
Non è però ancora giunto il momento di allarmarsi, conclude l’esperto: “il fatto che l’indice di Heiligenberg rimanga elevato ma stabile è uno dei motivi per cui ci sentiamo a nostri agio a rimanere long sulle azioni”.

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