Immobiliare UK: non è l’addio dei super ricchi il problema

La crisi al confine russo-ucraina colpisce anche il mercato immobiliare inglese. Il problema? Non gli oligarchi, ma le materie prime

Mercato immobiliare inglese sul chi va là: a preoccupare il real estate d’Oltremanica non è tanto il venir meno dei potenziali acquirenti russi d’elevato standing (colpiti dalle sanzioni occidentali), quanto gli effetti che un rincaro delle materie prime legato alla situazione russa-ucraina può determinare sul comparto del real estate.

Da un’analisi numerica, solo lo 0,3% delle operazioni su immobili commerciali in UK risulterebbe infatti attribuibile agli oligarchi russi. Ciò che invece non è trascurabile è il possibile effetto legato a un rincaro dei prezzi delle materie prime: da un lato, il recente rialzo dei prezzi dell’energia, quantificabile (da inizio crisi, lo scorso 24 febbraio) in un incremento nell’arco di due settimane del 13% sul petrolio Brent, con picchi massimi che hanno superato il 40%; dall’altro, l’impennata dei materiali di base, che nel 2021 (fase post pandemica e post Brexit) ha portato i prezzi dell’acciaio ad +55% in 12 mesi. Sul medesimo periodo, il Construction materials price index calcolato dall’Ufficio Nazionale di Statistica inglese (ONS) è salito del 22%.

La difficoltà per investitori e costruttori è ora molteplice: per la realizzazione di progetti entro un tempo e un tetto di spesa plausibile è necessario prevedere sia l’aumento futuro dei prezzi dei materiali, che la disponibilità di manodopera, al netto dell’uscita di scena degli acquirenti russi.

Come spiegato dagli esperti di LGIM, gli aumenti dei prezzi nel settore delle costruzioni sono soggetti a molte delle forze che guidano l’inflazione globale.
In primis, le difficoltà lungo le catena di approvvigionamento, che hanno creato ritardi nel portare i materiali a destinazione, aumentando il premio per i materiali che possono essere consegnati rapidamente.
In secondo luogo, l’erosione dei margini dovuto all’aumento dei prezzi, che ha ridotto la tolleranza degli appaltatori nell’assumersi rischi; un trend che ha determinato uno shift tra le realtà del settore delle costruzioni, passate in diversi casi dal settore immobiliare verso infrastrutture o strutture del settore pubblico, ovvero verso attività a lungo termine più affidabili.
In terzo luogo, il tema della manodopera: prima la Brexit, poi la pandemia hanno in parte limitato la mobilità dei lavoratori che, prima della crisi sanitaria, si spostavano con più facilità tra aziende del settore anche oltre confine: secondo l’ONS, il 18% dei lavoratori edili a Londra nel giugno 2021 proveniva dallo spazio economico europeo, rispetto al quasi 30% di marzo 2020.
Anche l’inflazione dei prezzi di gara (ovvero il costo complessivo per la stipula di un contratto di costruzione, diminuito nel 2020) è aumentata di circa il 3% nel 2021 ed è destinata a crescere ulteriormente nel 2022 a circa il 3,3%, secondo i dati BCIS Building Cost Information Service.

Gli esperti di LGIM ritengono che, per il breve periodo, l’aumento dell’inflazione non sia di per sé motivo di particolare allarme per il mattone inglese: “Non vediamo un pericolo di immediato ribasso dei prezzi sul mercato real estate inglese” specie per quel che concerne la domanda istituzionale.

Se un aumento dei costi delle materie prime dovesse disequilibrare il mercato, una prima strategia difensiva potrebbe essere, secondo LGIM, quella di optare per l’investimento in aree e terreni edificabili, sia per uso commerciale che industriale.
Con riferimento al settore affitti uffici, gli immobili di fascia alta, già dimostratisi più attrattivi nell’epoca post Covid, possono rappresentare una migliore alternativa di investimento rispetto alla domanda più volatile del settore retail.

Si introduca infine il tema degli affitti: le condizioni della domanda e dell’offerta sono fondamentali capire la capacità di determinazione dei prezzi di un immobile in affitto, e se questo abbia le potenzialità per eguagliare o superare il rincaro dell’inflazione: “riteniamo che le proprietà residenziali e industriali nella formula del Built to Rent siano meglio posizionati in un’ottica di investimento. Ancora, concludono da LGIM, strumenti di tipo inflation-linked leases ovvero crediti di alta qualità su contratti di locazione siano un’alternativa per tutelarsi dal rialzo dell’inflazione.

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