Entusiasmo estivo e parallelismi con il 2000: ecco cosa rischia la Fed

Matilde Sperlinga
19.9.2023
Tempo di lettura: 3'
La convinzione che gli Stati Uniti si troveranno davanti a un atterraggio morbido dell’economia continua a crescere, ma i dati positivi su consumi e inflazione potrebbero essere solo temporanei. Il lavoro della Fed per evitare la recessione potrebbe quindi essere più difficile del previsto

Se a inizio anno le previsioni erano molto pessimiste e si immaginava l’imminente arrivo di una recessione, adesso sembra che l’economia statunitense non abbia il fiato corto e le stime di crescita continuano ad alzarsi. Al momento le prospettive trimestrali sono ben più luminose di quello che si immaginava solo tre mesi fa: se fino a poco tempo fa si prevedeva una crescita per il terzo trimestre dello 0,6% ora le stime di Morningstar la vedono all’1,6%. Una sponda importante arriva dai dati sull’inflazione che, nonostante ad agosto sia cresciuta rispetto a luglio passando dal 3,2% al 3,7%, rimane a livelli confortanti se paragonati ai livelli medi degli ultimi due anni.


Estate spensierata tra concerti e Barbieheimer

Quest’estate le spese dei consumatori statunitensi non hanno deluso, toccando una crescita dello 0,8% a luglio. A spiccare è anche un forte calo del tasso di risparmio, che in parte è stato involontario complice l’alto consumo di elettricità a causa di un clima ben più caldo del normale. Ma non solo. La domanda di esperienze continua a crescere: dalla ricerca dei biglietti per il tour “The Eras” di Taylor Swift, a quelli per i concerti parte del tour “Reinassance” di Beyoncé, passando anche per il mondo del cinema che con la doppietta di Barbie e Oppenheimer, entrambi usciti il 21 luglio. Tutti insieme questi grandi eventi sembrano avere impattato sui riscontri macro.

“Combinando la spesa associata per viaggi, alloggi e consumo di cibo e bevande con i costi diretti dei biglietti, si potrebbe aggiungere lo 0,6% alla crescita del PIL nel terzo trimestre di quest'anno, con un effetto simile nel quarto trimestre”, sottolinea Tim Drayson, Head of Economics di Legal & General Investment Management (LGIM).




Un altro comparto che continua a crescere, mese dopo mese, è quello della produzione di auto: stando ai dati della Federal Reserve, a luglio la produzione è arrivata a 11,87 milioni di unità, rispetto ai 10,91 milioni di unità a giugno. Nonostante questi numeri continuino a crescere, le vendite sono sostanzialmente ferme ed è improbabile che questo settore potrà contribuire ulteriormente alla crescita.


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L’autunno invece porterà venti contrari

Con l’avvicinarsi dell’autunno, potrebbero però arrivare dei venti contrari sugli Stati Uniti. “A ottobre – spiega Drayson- inizieranno i rimborsi dei prestiti agli studenti che, a parità di altre condizioni, sottrarranno lo 0,3-0,5% al reddito disponibile delle famiglie con una propensione marginale al consumo relativamente alta”. Ma non solo, la politica fiscale sta diventando sempre più restrittiva e se le contee californiane hanno beneficiato di flussi di cassa più consistenti negli ultimi mesi, grazie al rinvio di sei mesi delle imposte, queste scadranno a ottobre.


Un altro fattore che ha spinto l’economia statunitense è stato il fatto che piccole medie imprese hanno chiesto vari rimborsi, allineandosi con alcuni piani del governo, ma ora l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a rallentare questo processo, temendo delle frodi. Questo nuovo modo di agire potrebbe causare una potenziale oscillazione negativa di oltre lo 0,5% del Prodotto Interno Lordo (Pil) statunitense.

Bisogna anche considerare che mentre il calo dei prezzi dell’energia dell’ultimo anno ha spinto di quasi l’1% il reddito reale, nelle ultime settimane i prezzi della benzina sono ricominciati a salire e questo avrà un impatto sul mercato.


Ma il fattore principale che potrebbe causare lo scoppio di una recessione è l’impatto ritardato dell’inasprimento della politica monetaria. Quindi recessione sì, ma non esattamente dietro l’angolo. Secondo gli esperti di LGIM potremmo dover aspettare fino alla fine dell’anno. Nel frattempo, però, non si possono ignorare i parallelismi con il 2000, “quando la Fed si sentì a suo agio nel mantenere i tassi in territorio restrittivo per tutta l'estate e l'autunno, per poi essere sorpresa dall'entità del rallentamento dell'economia. Ciò ha innescato un taglio d'emergenza dei tassi nel gennaio 2001”.

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