L’obbligazionario mostra i muscoli, durerà?

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Il comparto obbligazionario si sta dimostrando resiliente in questi mesi, ma gli elementi di incertezza rimangono tanti e Lazard Asset Management non esclude nuove ondate di volatilità

Dopo la scalata infinita che la Federal Reserve si è trovata ad affrontare in questi mesi, per molti ormai il falco è quasi arrivato in cima all’Everest e pronto alla discesa. Ma abbassare i tassi di interesse sarà la soluzione all’incertezza del mercato e aiuterà a schivare una recessione? Guardando al passato “la performance del credito e degli altri asset rischiosi ha raggiunto il punto più basso solo 6/12 mesi dall’ultimo rialzo dei tassi, quindi è necessario prepararsi a un mercato ancora molto volatile per le prossime settimane e i prossimi mesi”, spiegano gli esperti di Lazard Asset Management.

Stati Uniti: tira e molla

Il mese di marzo verrà sicuramente ricordato a lungo come un mese di paura e tensione, a causa dell’incertezza bancaria a seguito del fallimento della Silicon Valley Bank, ora però sembra che il comparto obbligazionario abbia ritrovato il suo equilibrio. Non tutto il mercato si è però mosso nella stessa direzione: se da un lato i Treasury statunitensi sono riusciti a risalire molto velocemente, con il rendimento dei titoli a 10 anni sceso al 3,4% durante la prima metà di aprile, lo stesso non si può dire dei bond societari investment grade, che dopo uno sprint iniziale sono tornati agli stessi livelli di un anno fa.

Il rischio di recessione rimane molto alto, a supporto di questa tesi basta guardare i dati pubblicati dalla Conference Board’s Leading Indicators Index (LEI), che ha previsto che il tasso di crescita semestrale subirà un crollo del 6,3%, nel passato ogni volta che questo dato è arrivato a livelli così bassi, da li a poco si è assistito a una recessione. Senza contare che la curva dei rendimenti del Treasury americano continua ad essere invertita, un altro sintomo di una recessione imminente.

Nel frattempo cosa possiamo aspettarci? Nonostante molti investitori si aspettano massimo un altro aumento dei tassi di interesse di 25 punti a maggio da parte della Fed, seguiti poi da due tagli entro la fine del 2023, gli esperti di Lazard hanno una visione diversa: “Ci troviamo davanti almeno ancora due rialzi dei tassi prima di un momento di stallo, mentre per assistere ad un taglio bisognerà aspettare la fine del 2023”. Infatti non è ancora arrivato il momento di fermarsi, con l’inflazione core che è risalita a marzo dal 5,5% al 5,6% e l’indice dei prezzi al consumo che ha subito un rallentamento superiore alle aspettative, passando dal 6% del mese scorso, al 5%. In generale, però, nonostante un aumento di 500 punti base negli ultimi 12 mesi, sembra che la maggior parte dei settori stiano resistendo, sintomo di forza e stabilità del mercato.

Tra questi, il mercato del credito statunitense si sta dimostrando particolarmente stabile: il comparto high yield è tornato finalmente in salute, segnando un +3,7% nel 2023 e, secondo gli esperti di Lazard, circa 100 punti base di questa crescita dipendono dal miglioramento della qualità del credito con i tassi di default che sono rimasti bassi.

Mercati emergenti: il picco dei tassi non spaventa

Nonostante la crisi del settore bancario che ha colpito direttamente gli Stati Uniti e in parte l’Europa non sia arrivata nei confini dei Paesi emergenti, lo stesso non si può dire dell’ondata di volatilità che questa crisi ha portato con sé.

Tuttavia, considerando che i tassi di interesse non sono mai stati vicino allo zero in questi Paesi, l’impatto che il loro aumento ha avuto è stato molto più limitato rispetto a quello che le economie già sviluppate hanno dovuto affrontare. Senza contare che molti dei Paesi emergenti sono già abituati a convivere, o per lo meno ad avere a che fare, con tassi di interesse molto vicini al picco, quindi l’aumento di questi non è stata una sorpresa.

Europa: paura sotto controllo

Europa e America si trovano più o meno sulla stessa barca, proprio per questo anche la Banca Centrale Europea non sembra ancora pronta ad abbassare i suoi tassi di interesse. Vi è però una differenza fondamentale: il sistema bancario europeo presenta una regolamentazione unica e molto stringente, motivo per cui ciò che si è visto negli Usa non sarà possibile in Europa. A questo va anche aggiunto il fatto che un’importante percentuale dei depositi bancari è completamente assicurata, pertanto per i depositari non vale la pena abbandonare la nave, anche in periodi molto incerti, come quello che stiamo affrontando ora.

Vi è un comparto del mercato dell’high yield europeo che non è uscito incolume dalla crisi e dal salvataggio di emergenza di Credit Suisse: parliamo delle obbligazioni convertibili e convergenti, meglio conosciuto come AT1. Infatti, per convincere UBS a effettuare la transizione, l’autorità di vigilanza non solo ha garantito perdite potenziali (9 miliardi di franchi svizzeri) sulla valutazione degli asset, ma ha anche permesso la svalutazione completa dei bond additional tier 1 (AT1).

Senza dubbio questo ha rappresentato una disgrazia per gli investitori che avevano puntato su questi strumenti, ma rimane una decisione legittima. Infatti, gli investitori erano a conoscenza del rischio, dal momento che è prevista una svalutazione nel caso in cui si fosse raggiunto un punto di insostenibilità economica.

In conclusione, con l’eccezione di alcune sacche del comparto high yield, il mercato del credito sta sorprendentemente affrontando la situazione con forza e stabilità. Questa resilienza potrà essere rovesciata da utili più deboli, una Fed più dura del previsto o da uno stallo sul tetto del debito? La buona notizia è che il picco dei tassi appare vicino, concludono gli esperti di Lazard.

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