Top Wealth education: come praticare l’arte dell’ascolto

Abbiamo chiesto ai Top Wealth della consulenza finanziaria quale sia la “nozione” letta, studiata o imparata tra le pagine d’un libro o nel corso del proprio percorso professionale più utile o più significativa per lo svolgimento della professione. La risposta?

Gianni Renato Abbondanza, Wealth Manager di IWBank Private Investments, analizza la figura e il ruolo del consulente partendo da un requisito chiave: la capacità di ascolto. Chi si limita ad un approccio esclusivamente finanziario, cercando di dare risposte solo sulla parte di patrimonio liquido, perde infatti un pezzo importante della relazione cliente-consulente.

Top Wealth education: praticare l’arte dell’ascolto

Gianni Renato Abbondanza, Wealth Manager di IWBank Private Investments, analizza la figura e il ruolo del consulente partendo da un requisito chiave: la capacità di ascolto. Chi si limita ad un approccio esclusivamente finanziario, cercando di dare risposte solo sulla parte di patrimonio liquido, perde infatti un pezzo importante della relazione cliente-consulente.
“Se c’è una cosa che l’esperienza professionale mi ha insegnato è che l’ascolto è alla base di tutto. L’ascolto, nella sua forma più ampia possibile, permette di comprendere realmente l’esigenza del cliente, i suoi desiderata, le dinamiche di costruzione del suo patrimonio e di quello familiare.
In questo quadro, il consulente possiede una visione più ampia della composizione patrimoniale rispetto ad una figura professionale quale può essere il commercialista o l’avvocato: a questi ultimi, si tende a raccontare ‘solo un pezzo’ della storia, quella che interessa il caso specifico; al wealth manager, invece, viene fornito un quadro più generale. Quando si passa da un approccio puramente finanziario o di servizio ad un approccio di soluzione patrimoniale di più ampio respiro, è necessario un rapporto più aperto e condiviso. Ciò permette di gestire meglio non solo i target futuri, ma anche crisi o preoccupazioni di breve periodo.
Guardando alla mia esperienza personale, credo possano essere utili delle considerazioni.
La prima, riguarda l’importanza del lavoro di team. Nel mese di febbraio sono venuti a lavorare con me due nuovi colleghi, molto esperti nella parte di finanza straordinaria e family office. Avvalendoci di un team complementare e grazie all’ascolto delle esigenze del cliente a 360 gradi, siamo stati capaci di individuare soluzioni efficienti per ogni tipo di bisogno.
Sebbene il wealth manager debba avere una preparazione di base che abbraccia l’intero mondo della gestione patrimonio (con capacità di orientarsi tra soluzioni di tipo patrimoniale, successorio, immobiliare o aziendale), il compito del consulente non è quello di individuare ogni soluzione, ma quello di coordinare il lavoro di esperti in materia per soddisfare il bisogno specifico del cliente. Ecco quindi l’importanza del concetto di lavoro di team.
La seconda considerazione si sostanzia invece in una frase: consulente e venditore sono due figure diverse. Il wealth manager, e così ogni consulente finanziario, non deve porsi come mero venditore di prodotti e parlare esclusivamente di mercati e posizionamenti. Egli deve essere in grado di saper gestire le emozioni, saper consigliare, saper comprendere il momento e la situazione ed agire in via preventiva.
Un approccio più ampio e più integrato toglie una parte di quella tipica ansia da mercati, perché pone il cliente nell’ottica di avere un consulente capace di guardare oltre il presente pensando a conciliare esigenze ed obiettivi di lungo termine. La pianificazione non è un qualcosa di statico: è l’obiettivo a rimanere fisso, non la composizione del portafoglio o delle singole soluzioni”.

In breve…

Prima regola: ascolto.
Seconda regola: condivisione e lavoro di squadra.
Terza regola: proattività. Il wealth manager non deve aspettare che sia il cliente a chiamare, ma anticipare l’insorgere di bisogni futuri con soluzioni efficienti.

La nozione: il trust. Cos’è e come funziona

Il trust è uno strumento giuridico, avente lo scopo di tutelare una parte dei beni del patrimonio di un soggetto. Le ragioni alla base della costituzione di un trust possono essere diverse: tra le principali si annoverano il salvaguardare il patrimonio dall’aggressione di persone terze (creditori o clienti), o tutelare il proprio capitale in via preventiva. Il trust può riguardare beni mobili, beni immobili o diritti. Una volta costituito il trust, il patrimonio viene trasferito ad un’altra persona, il trustee, che a sua volta ha l’obbligo di gestirlo con diligenza a favore di un terzo beneficiario, che potrà beneficiare dei beni solo secondo quanto in origine pattuito.

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