Investire alternativo: i beni da collezione (e da portafoglio)

Gli asset alternativi rivelano il proprio potenziale grazie alla scarsa correlazione con gli investimenti tradizionali. Tra questi, i beni da collezione come vini, francobolli e gioielli

Vini e spiriti, gioielli, orologi, francobolli, libri, automobili d’epoca, monete e altro ancora: sono questi alcuni tra i beni da collezione, sempre più veri e propri asset che rivelano il proprio potenziale come investimenti alternativi in termini di diversificazione del portafoglio, grazie alla scarsa correlazione con gli asset più tradizionali, e rivalutazione nel corso del tempo. Così beni collezionati per passione entrano a tutti gli effetti nel patrimonio dell’investitore, rappresentando un investimento capace di generare ritorni economici oltre che estetici. Attenzione, però, a non incappare in particolari rischi. Ne abbiamo parlato con Monica Alessandra Mammini, Wealth Manager di IWBank Private Investments.

 

Quanto sono frequenti i beni da collezione nei patrimoni dei suoi clienti?

In questi ultimi anni l’iniziale curiosità nei confronti di questo tipo di beni ha suscitato una crescente attenzione fino a divenire, in qualche caso, un reale interesse. In questa ottica, soprattutto recentemente, ho avuto l’occasione di accompagnare alcuni dei miei clienti ad eventi e incontri, anche privati, al fine di permettere la valutazione di un potenziale investimento.

 

Perché diversificare il portafoglio con dei beni da collezione?

Sebbene in generale possiamo rilevare una accresciuta predisposizione a questo tipo di investimento, nel mio personale gruppo di clienti non ha, al momento, trovato ampia diffusione, quindi è ancora difficile pensare di poter diversificare concretamente un portafoglio. Le persone con cui opero sono ancora maggiormente interessate ad acquisti dettati da passioni e gratificazioni personali o finalizzati a futuri passaggi generazionali, piuttosto che al collezionismo a titolo di investimento.

 

A cosa bisogna porre speciale attenzione quando si possiedono tali beni nel proprio patrimonio?

In questa ottica, l’errore più frequente nel quale un investitore potrebbe incorrere risulta insito nella rincorsa all’affermazione di uno stile di vita che lo contraddistingua, mediante l’acquisto di “oggetti simbolo” a scapito di una lungimiranza dal punto di vista della resa del proprio patrimonio immobilizzato. Capita infatti che, seguendo mode estemporanee, si sia spesso portati ad acquistare beni di non elevata potenzialità e a non considerare l’importanza della futura crescita di valore che questi beni possono offrire.

 

Qual è il ruolo del consulente patrimoniale nel prendersi cura di questi beni, al pari di investimenti finanziari?

Il mio ruolo e, specificatamente, quello del gestore patrimoniale, dovrebbe per lo più concretizzarsi in una funzione di affiancamento del cliente, promuovendo, nel contempo, un confronto con specialisti del settore (come gli art advisor), al fine di permettere la transizione da semplici appassionati a veri e propri investitori attenti all’evoluzione e all’accrescimento prospettico del patrimonio.

 

Vi è un collezionista “tipo”?

Per quanto attiene alla mia personale esperienza, posso affermare che le persone che amano acquisire beni da collezione lo fanno per creare valore da destinare alle generazioni che li seguiranno, ben consapevoli, tuttavia, che la diversificazione degli investimenti, che siano essi rappresentati da titoli o beni, rappresenti l’assoluta via maestra per realizzare il proprio fine.

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