Mercati: abbiamo toccato il fondo? La risposta sta nella Fed

L’azionario continua a muoversi in modo nervoso e incerto e gli operatori si interrogano se il peggio sia davvero alle spalle. Per capirlo, secondo Goldman Sachs Asset Management, occorre guardare alla Federal Reserve. È lei la variabile principale. Lo dimostra la storia

Per qualsiasi investitore l’ideale sarebbe entrare sui minimi del mercato, per sfruttare tutta la successiva risalita. Peccato però che sia estremamente difficile individuare in anticipo il momento giusto, il cosiddetto market timing ottimale. Soprattutto in un contesto come quello attuale, dove diverse variabili, tra tensioni geopolitiche, segnali di rallentamento economico e corsa dei prezzi, entrano in gioco e condizionano i movimenti dell’azionario. Ma, attenzione, perché potrebbe esserci una variabile su tutte a dettare la tendenza del mercato: la Federal Reserve (Fed). Ne è convinta Goldman Sachs Asset Management, analizzando i movimenti dell’indice americano S&P500 negli ultimi 70 anni.

Fed come causa dei minimi di mercato

Partiamo innanzitutto dalla discesa dei mercati, per capire le cause del movimento al ribasso. Osservando l’S&P500, l’indice mostra un calo di circa il 15% rispetto ai massimi toccati a gennaio, ovvero prima che la Fed annunciasse l’intenzione di stringere le cinghie della sua politica monetaria e avviare un ciclo di rialzo dei tassi di interesse per contrastare la corsa dell’inflazione. Sebbene la decisione della banca centrale americana si sia concretizzata solo a marzo, i mercati si sono mossi in anticipo, scontando
l’aumento dei tassi d’interesse a breve e a lungo termine
, con un ampliamento degli spread di credito, un rafforzamento del dollaro statunitense e, soprattutto, un calo delle azioni. Da qui, un indizio importante da osservare, ovvero la politica monetaria come forza trainante della tendenza attuale.

Un indizio che trova conferma nel passato. “Benché ogni correzione del mercato azionario sia unica e definita, possiamo notare due fattori comuni: la politica monetaria e il deleveraging (la riduzione del debito)”, afferma John Tousley, Global Head of Market Strategy di Goldman Sachs Asset Management. Analizzando, infatti, le fasi passate di contrazione dei mercati azionari dal 1950, ecco che la politica monetaria risulta un fattore determinante: in media, queste correzioni hanno toccato il punto di minimo quando la Federal Reserve ha modificato il suo orientamento di politica monetaria. Questo andamento si è verificato in tutte le correzioni degli ultimi 70 anni, tranne una. “A nostro avviso – prosegue l’esperto – la causa dell’attuale mercato ribassista è abbastanza chiara: le elevate tensioni geopolitiche, il rallentamento della crescita economica e la scarsa liquidità del mercato sono tutti fattori che hanno avuto un peso importante, ma nessuno è stato così determinante come l’impegno della Federal Reserve nel cercare di domare l’inflazione”.

Fed come spinta per la risalita

Passando ad osservare la possibile curva di risalita, ecco che sempre la Fed si troverebbe a giocare un ruolo decisivo per la ripresa del mercato. “Riteniamo che gli investitori siano in attesa di un cambiamento di direzione della politica monetaria da parte della banca centrale americana”, avverte Tousley, secondo il quale questo cambiamento non necessariamente dovrà consistere in un nuovo allentamento della politica monetaria, probabile solo in caso di recessione, ma in una più semplice riduzione dei rischi di ulteriori inasprimenti. In altre parole, in ritocchi più contenuti.

È chiaro che l’evolversi della politica monetaria della Fed dipenderà in primis dall’andamento dell’inflazione: se finalmente darà chiari segnali di rallentamento, è probabile che le mosse di Powell & Co si facciano meno aggressive nei prossimi mesi. “Quando la Federal Reserve, e di conseguenza il mercato, si convinceranno che il peggioramento dei dati (ndr. di inflazione) è davvero terminato, il sentiment potrebbe cambiare”, spiegano da Goldman Sachs Asset Management. Finora, questo non si è avverato, con l’inflazione galoppante che ha aggiornato continuamente i suoi massimi degli ultimi 40 anni attestandosi al 9,1% su base annua. Da qui si presuppone che il processo di politica monetaria restrittiva dovrebbe terminare a breve. In un recente intervento, Loretta Mester, presidente della Federal Reserve di Cleveland, ha ribadito l’importanza di riportare l’inflazione “sotto controllo”, ricordando che sono necessari più mesi di osservazione per vedere se l’accelerazione dei prezzi abbia registrato il picco.

Per individuare l’attuale minimo del mercato gli investitori debbano seguire attentamente l’inflazione e i potenziali cambiamenti di orientamento della Federal Reserve“Pertanto – conclude l’esperto – riteniamo che per individuare l’attuale minimo del mercato gli investitori debbano seguire attentamente l’inflazione e i potenziali cambiamenti di orientamento della Federal Reserve”. E allora massima attenzione ai prossimi dati sui prezzi negli Stati Uniti, il primo in agenda il 10 agosto, e alle future riunioni della Fed a cominciare da quella di fine settembre.

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