Transitoria o strutturale? L’effetto inflazione cambia in base ai settori

Persiste l’aumento dell’inflazione durante il 2021. Si tratta di una crescita transitoria o strutturale? La differenza sta nei settori di riferimento

L’inflazione si conferma tra le principali preoccupazioni degli investitori internazionali. Ci troviamo tuttavia di fronte a un fenomeno transitorio o strutturale? Gli analisti di Fidelity International hanno provato a dare risposta a questa domanda nell’ultima edizione dell’Analyst Survey 2021, che distingue diversi settori in cui l’inflazione potrebbe comportarsi in modo differente.

Inflazione transitoria o strutturale?

Partiamo dai dati. Negli Stati Uniti, l’indice dei prezzi al consumo (Ipc) ha raggiunto il 5,4% anno su anno a settembre 2021, aumentando dello 0,4% mese su mese rispetto ad agosto, secondo l’U.S. Bureau of Labor Statistics. Stabile invece al 4% l’indice dei prezzi al consumo core, al netto dell’aumento dei prezzi legati a generi alimentari ed energia, in rialzo però dello 0,2% rispetto al mese precedente.
Livello sostenuto ma più contenuto in Europa, dove l’Ipc di agosto (dati Eurostat) si è attestato a un +3% in agosto, rispetto al +2,2% di luglio, con un Ipc core dell’1,6% ad agosto, in aumento dello 0,9% sul mese precedente.
Diverse aziende “stanno attualmente affrontando un mix di pressioni inflazionistiche, sia transitorie che strutturali” afferma Terry Raven, Director, European Equities di Fidelity International. Tra queste, realtà legate ai beni di prima necessità, ai materiali di base, ai consumi discrezionali e al settore sanitario sono quelle che più percepiscono il rischio inflazione come transitorio. Percezione di un rischio di inflazione strutturale arriva invece dai comparti dell’informatica e delle telecomunicazioni, rispetto ai quali un analista su quattro di Fidelity si dice concorde.

Inflazione transitoria o strutturale? Dipende dal settore

All’interno di un contesto in cui cresce nel tempo la preoccupazione di crescenti pressioni inflazionistiche, “le forze strutturali potrebbero continuare a far aumentare i prezzi anche qualora le strozzature temporanee dovessero attenuarsi” spiega Raven.

Fonte grafico: Fidelity International

Molti dubbi si concentrano attorno alle catene di approvvigionamento, che coinvolgono in primis il settore delle materie prime, la cui scarsa reperibilità è stata tra i principali motivi alla base del recente aumento dei prezzi. “Questa situazione dovrebbe normalizzarsi nei prossimi 12 mesi”, afferma uno degli analisti che segue il settore materials in Nord America e in Europee.
Non tutti gli esperti sono però così ottimisti: alcuni ritengono che i colli di bottiglia potrebbero alleviarsi, ma che potrebbero impiegare più tempo del previsto, aggravando i problemi sulle catene di approvvigionamento: “l’inflazione dei costi da trasporto, dovuta ai vincoli delle catene di approvvigionamento, dovrebbe essere in gran parte transitoria e probabilmente supererà il picco durante le festività natalizie. Ma una parte dell’inflazione dei costi dovuta alle materie prime e all’aumento della domanda potrebbe richiedere più tempo per essere coperta dal ripristino dell’offerta, e per questo dovrebbe persistere ancora per un po’”, riferisce un analista che si occupa di aziende nordamericane nel campo dei beni discrezionali.
Più fiduciosi infine gli analisti attivi nel comparto dei consumi e delle materie di base, ritenendo che i prezzi dovrebbero moderarsi man mano che i problemi legati alla catena di approvvigionamento verranno risolti.

Il focus va sui fatturi strutturali

“Con forze sia transitorie che strutturali in gioco, le aziende stanno lottando con un ambiente inflazionistico tutt’altro che semplice. Qualsiasi prolungamento delle presunte pressioni transitorie potrebbe aumentare le aspettative di un’inflazione più duratura, mentre è probabile che fattori strutturali come il costo della decarbonizzazione influiscano sui prezzi molto più a lungo” conclude Raven.

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