La rinascita dei green bond cinesi conquista l’Occidente

La prima metà del 2021 ha visto il mercato dei green bond cinesi tornare a crescere dopo il calo subito durante la pandemia. Gli esperti di Fidelity International sottolineano alcune differenze rispetto agli altri mercati

La classifica riportata nell’ottobre 2021 dal Climate bond initative (Cbi) configura la Cina come il quarto paese al mondo per emissione di green bond allineati agli standard internazionali. È preceduta solamente da Stati Uniti, Germania e Francia. Alla luce di questi numeri, vi sono, secondo gli esperti di Fidelity International, opportunità d’investimento interessanti nel mercato cinese, specie nell’ambito del debito green.

Cosa sta accadendo sul mercato cinese

La pandemia da Covid-19 ha avuto chiare implicazioni per l’universo della finanza green cinese: ha interrotto una serie di cinque anni di crescita. Secondo quanto riportato dal Climate bond initative nel China state of the market 2020 report, l’emissione totale di green bond in Cina durante il 2020 ha subito un calo del 21% rispetto al 2019, portandosi a un valore di 44 miliardi di dollari (289,5 miliardi di renminbi) rispetto ai 55,8 miliardi (386 miliardi di renminbi) dell’anno precedente. Il trend si è però già invertito: con quasi 22 miliardi di dollari impiegati soltanto nella prima metà del 2021, il mercato delle obbligazioni green ha ricominciato a crescere. Stando ai dati del Sustainable debt market summary H1 2021 pubblicato dalla Cbi lo scorso settembre, la China Development Bank è al settimo posto tra i dieci maggiori emittenti di green bond al mondo.
“Oltre l’80% dei green bond cinesi sono onshore, ossia emessi per investitori nazionali e denominati in renminbi, mentre la restante parte è offerta attraverso l’Hong Kong Exchange principalmente in dollari” proseguono da Fidelity.

La sostenibilità come indicatore chiave di performance

Il mercato green in Cina è stato dominato da emittenti statali e investitori che seguono da vicino le direttive politiche del governo. Il volume dei green bond emessi nel 2020 da enti assistiti dal governo, infatti, rappresenta il 38% del totale. L’obiettivo annunciato alle Nazioni Unite nel settembre 2020 dal presidente Xi Jinping (e ribadito in corso di G20 a fine ottobre) di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 e la “carbon neutrality” entro il 2060 ha fatto sì che le aziende statali (banche, gestori patrimoniali, imprese industriali) inserissero la sostenibilità tra i loro indicatori chiave di performance. “Dal lato dell’offerta, le unità governative e le imprese statali insieme rappresentano quasi il 90% dell’emissione di obbligazioni verdi onshore” affermano gli esperti Fidelity. “Poiché gli investimenti sostenibili e le considerazioni ambientali, sociali e di governance sono concetti relativamente nuovi nel paese, gli investitori obbligazionari del settore privato tendono a concentrarsi quasi esclusivamente sulla qualità del credito e sui rendimenti”.

Differenze a cui prestare attenzione

Uno studio condotto lo scorso ottobre da Fidelity su migliaia di nuove emissioni obbligazionarie cinesi onshore negli ultimi quattro anni, infatti, ha riscontrato che, a differenza di quanto si registra in Europa e Stati Uniti, sul mercato cinese non vi sono differenze di spread significative tra green bond ed emissioni brown comparabili con medesima scadenza. Sui mercati green europei e americani, infatti, le obbligazioni green presentano spesso un premio superiore rispetto a bond comparabili brown. Ciò accade per via del cosiddetto ‘greenium‘ ovvero la maggiorazione pagata dall’investitore che intende acquistare uno strumento con espliciti obiettivi di sostenibilità. “Per gli investitori in green bond, ottenere rendimenti desiderabili è spesso fondamentale quanto le priorità ambientali, ma a volte i due obiettivi possono funzionare l’uno contro l’altro a causa dell’esistenza dei greenium” sottolineano gli esperti. Da ciò, l’interesse ai bond cinesi.
Una possibile spiegazione fornita dagli esperti è che gli obiettivi di neutralità carbonica di Pechino devono ancora tradursi in maggiori incentivi per gli acquirenti. Il contesto è in evoluzione, lo sviluppo delle politiche potrebbe condurre ad un avvicinamento delle definizioni e dei criteri utilizzati in Cina a degli standard globali. “C’è molto spazio per un maggiore sostegno politico” affermano in Fidelity. “Tuttavia, poiché la consapevolezza esg continua a crescere e i flussi esteri in Cina aumentano, è probabile che i ‘greenium’ emergano nel mercato cinese nel prossimo futuro.”

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