L’importanza di una valuta forte per una Cina che continua a crescere

L’apprezzamento del renminbi va oltre la storia del dollaro debole e trova fondamento nei piani economici e politici di una potenza, la Cina, decisa a proseguire sulla strada del consolidamento internazionale

Tra gennaio e giugno 2021 il renminbi cinese è andato sempre più apprezzandosi, ottenendo un +10,8% contro dollaro americano. “Vero è” commentano da Fidelity International, “che anche altre valute hanno guadagnato più del 10% rispetto al biglietto verde nello stesso periodo”, tra cui il dollaro australiano, la sterlina britannica, il dollaro canadese e il dollaro neozelandese. Nel caso della Cina però, aggiungono, “questa è più di una semplice storia di dollaro debole”.
Dopo aver toccato i massimi a tre anni contro dollaro, a metà giugno il renminbi, valuta avente corso legale nella Repubblica popolare cinese, ha ceduto il passo al dollaro, in fase di apprezzamento sulle positive prospettive di ripresa economica americana e di un restringimento delle politiche monetarie da parte della Federal Reserve, volto ad alzare i tassi di interesse nel medio termine.

Cina-Usa: la differenza delle politiche

A differenza degli Stati Uniti, che hanno mantenuto per tutta la prima metà del 2021 una politica monetaria e fiscale straordinariamente accomodante (al piano di quantitative easing da 120 miliardi di dollari al mese si affiancano i 5,4 mila miliardi di sostegni statali da parte dell’amministrazione Biden), Pechino ha rivisto il proprio atteggiamento.
La Banca popolare cinese (PBoC) ha gradualmente inasprito il proprio atteggiamento, muovendosi verso una normalizzazione della guidance. Al contempo, “la Cina mira quest’anno a ridurre il proprio deficit fiscale rispetto al Prodotto interno lordo (Pil)” proseguono da Fidelity. Nel quarto trimestre 2020, secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali, il debito delle aziende non finanziarie cinesi è salito al 160% del Pil; il rapporto debito domestico/Pil ha toccato il 62% circa, mentre il debito governativo è arrivato a pesare “appena” il 67%.

Il ruolo del renminbi (Rmb) e la sua forza

Il passaggio della Cina verso un’economia più matura si legge però, soprattutto, nella rilevanza della sua valuta. L’indice Cfets Rmb (China foreign exchange trade system), che misura il posizionamento del renminbi (Rmb) rispetto al paniere delle 24 maggiori valute internazionali, ha chiuso il mese di giugno sui massimi da cinque anni. Tale indice, spiegano gli esperti, “di solito segue da vicino i movimenti del Rmb rispetto al dollaro americano (Usd), la componente più grande del paniere Cfets. Spesso, il Rmb si rafforza rispetto al più ampio paniere Cfets, mentre si indebolisce contro Usd durante i periodi di forza del dollaro. Questo percorso rende il Rmb intrinsecamente più stabile rispetto ad altre valute sviluppate”.

I meccanismi dietro il cambio in renminbi

E’ quindi necessario capire fino a quando potrà proseguire tale apprezzamento. Dopo aver raggiunto il massimo a tre anni contro dollaro, gli attori politici locali hanno agito per scoraggiare la speculazione unidirezionale sullo yuan (l’unità di base del Rmb). Ciò include l’annuncio che, a partire dal 15 giugno, la PBoC ha aumentato il coefficiente di riserva obbligatoria per i depositi in valuta estera, “riducendo efficacemente la forza del renminbi e l’offerta di dollari disponibili per i prestiti”.
Per anni le autorità cinesi hanno portato avanti un controllo diretto sulla propria valuta, legata dal 1994 ad un peg (vincolo di oscillazione) rispetto al dollaro e agendo direttamente sulle riserve in dollari e sui titoli del debito americano. Dall’ottobre 2016, il renminbi è diventata una divisa ‘matura’, grazie al suo ingresso all’interno del paniere del Fondo monetario internazionale (Fmi) noto come Sdr, Special drawing rights, l’insieme delle valute di riserva utilizzato per definire gli interventi dello stesso Fmi e le riserve dei singoli paesi.
Proprio in base ai dati Fmi aggiornati al primo trimestre 2021, attualmente il dollaro è la valuta di riserva più grande al mondo con una quota di quasi il 60%; lo yuan cinese pesa poco meno del 2,5%, dietro a euro (20,5%), yen giapponese (5,9%) e sterlina britannica (4,7%).

Due lati della medaglia (dietro l’apprezzamento)

Alle attuali condizioni di mercato, “tenere a freno l’apprezzamento del renminbi sarebbe accolto con favore dagli esportatori”, la cui attività ha sostenuto la ripresa della Cina dalla crisi economica e sanitaria d’inizio 2020.
D’altra parte, sottolineano però da Fidelity, “la recente forza della valuta ha reso le importazioni relativamente più economiche, contribuendo a mitigare il colpo dato dal rincaro dei prezzi delle materie prime sui produttori”. Ciò è stato evidenziato dai prezzi alla produzione che, a giugno, hanno mostrato un aumentato annuale del 9%, il massimo da 13 anni.

La forza della Cina e della sua valuta

Nel medio-lungo termine, “vediamo una serie di supporti strutturali per la valuta cinese. L’obiettivo della PBoC di internazionalizzare il renminbi, promuovendolo come valuta di riserva, porterebbe ad una sua relativa stabilità, che aiuterà ad attrarre imprese e investitori istituzionali verso la Cina” precisano da Fidelity.
Prospettive, che si basano su solidi fondamentali: “Il differenziale di crescita della Cina rispetto alle economie più sviluppate supporta una politica monetaria più disciplinata e un rendimento a lungo termine più elevato”. Pechino ha chiuso il primo trimestre 2021 con un Pil superiore al 18%, il più importante ritmo di espansione dal 1992, con prospettive di crescita annuale dell’8,5% nel 2021 secondo la World Bank.
A trainare la forza cinese “potrebbe infine essere la crescente attenzione della Cina al consumo interno, che porrebbe basi solide per una valuta forte. Al contempo” concludono da Fidelity, “gli investitori globali che aumentano le loro allocazioni strategiche nel mercato obbligazionario onshore cinese potrebbero continuare a sostenere forti afflussi di capitali esteri nei prossimi anni, fornendo un’ulteriore fonte di supporto”.

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