Crisi Ucraina: per riconfigurare il mercato servirà tempo

La rinconfigurazione del mercato potrebbe non essere così immediata come lo sono stati gli effetti dell’escalation di tensioni tra Russia e Ucraina. Come risponderanno le banche centrali?

Restrizioni con effetto immediato. Riconfigurazione di mercato in tempi più lunghi.
E così, la crisi Russia-Ucraina e le misure prese dal West per contrastare l’escalation di tensioni guidate da Mosca, ha determinato effetti immediati e diretti, in primis riverberatesi sul costo delle materie prime, non solo di petrolio e gas. “La Russia è uno dei principali produttori di alluminio e fertilizzanti” spiega Andrew McCaffery, Global Chief Investment Officer di Fidelity International, “e ci vorrà del tempo prima che le catene di approvvigionamento vengano riconfigurate verso altri paesi e fonti. In alcuni casi il divario di approvvigionamento non può essere colmato”.
Una situazione che potrebbe tornare a impattare sui livelli di inflazione degli Stati Uniti, già ai massimi da 40 anni, aggravata dalle difficoltà che di rimando potrebbero rallentare le esportazioni dall’Ucraina.
Secondo i dati OEC World, tra le principali voci che pesano sull’export ucraino vi sono mais olio di semi, minerale di ferro, grano e ferro semilavorato. I principali paesi acquirenti, Russia, Cina, Germania, Polonia e Italia.

Focus Federal Reserve

Ciò che si domandano i mercati oggi, tra le altre cose, è come le banche centrali decideranno (se lo faranno) di reagire all’acuirsi delle tensioni. Sul fronte Federal Reserve americana le carte sembrano già scoperte sulle future mosse: “A partire dall’anno scorso, la retorica della banca centrale americana è stata deliberatamente aggressiva, per convincere i mercati a inasprire le condizioni finanziarie reali senza la necessità di aumentare troppo bruscamente i tassi. Abbiamo creduto fin da principio che la Fed si sarebbe trovata a muoversi più lentamente di quanto indicato a causa degli elevati livelli di debito accumulati per far fronte all’impatto della pandemia. La crisi ucraina rende tutto questo ancora più probabile perché, sebbene la crisi in atto abbia spinto i prezzi dell’energia ancora più in alto, essa presenta anche rischi per la crescita, in particolare per l’Europa”.
Un cambio di narrativa, giunti a questo punto, sembra essere difficile. La Fed potrebbe però rallentare tempi e modalità di esecuzione: la politica monetaria resta infatti uno dei pochi baluardi di liquidità rimasti in mano al mercato, a fronte di una politica fiscale che ha già speso gran parte delle proprie cartucce a favore di una ripresa economico-sociale post pandemica.

Come muoversi sui mercati?

“All’inizio del 2022 eravamo già cauti sugli asset di rischio, in particolare verso gli Stati Uniti, dove nel medio periodo ci aspettiamo un quadro economico e politico più complicato. Abbiamo invece guardato con interesse ad aree geografiche come il Giappone (che beneficia di un livello di inflazione più contenuto rispetto al resto delle economie sviluppate) e la Cina (dato il cambio di passo politico)”. Proprio Pechino, a detta dell’esperto di Fidelity, potrebbe rallentare sui progetti futuri, modulandoli in caso, per vedere come si evolverà la situazione sul fronte Russia-Ucraina.
In questo contesto, “crediamo che un numero crescente di capitali si sposterà verso la Cina, l’Asia e altre economie emergenti che sono meno colpite dalla crisi e che potrebbero rivelarsi beneficiari delle attuali condizioni se le catene di approvvigionamento verranno reindirizzate. A lungo termine” continua McCaffery, “ci aspettiamo che un numero maggiore di paesi agisca per migliorare la propria resilienza ai futuri shock energetici, sebbene la transizione verso un mix energetico a basse emissioni di carbonio non sarà agevole e sarà diversa da paese a paese”.

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