Biodiversità e investimenti: ascoltare la natura per colmare il deficit di dati
I rumori della foresta, tra canti di uccelli, frinire di cicale e richiami di animali selvaggi, non rappresentano più solo la tipica playlist di qualcuno che cerca di rilassarsi. Se vi dicessero che attraverso l’analisi dei suoni della natura è possibile calcolare il livello di biodiversità di un ambiente, aiutando così investitori e aziende a valutare al meglio i rischi della perdita di biodiversità, ci credereste?
“Attualmente – spiegano gli esperti di Fidelity International – gli strumenti che le istituzioni finanziarie utilizzano per misurare la biodiversità tendono a basarsi sulla modellizzazione del potenziale impatto di un’attività, sulla base di ciò che si conosce del luogo in cui si svolge, piuttosto che su misure dirette dell’impatto”. Ma questo non basta, misurare il livello di biodiversità è incredibilmente complicato e sembra non esistere una misura standardizzata, come sono, ad esempio, le emissioni di gas serra per calcolare l’inquinamento.
La realtà è che solo una volta che qualcosa può essere misurato, può essere cambiato ed è proprio il lavoro che Green PRAXIS ha deciso di portare avanti.
"Risolvere la sfida della biodiversità può superare la decarbonizzazione come il più grande megatrend di investimento della nostra vita", afferma Velislava Dimitrova, portfolio manager di Fidelity International, rimarcando come i dati attualmente a disposizione sulla biodiversità non sono sufficienti per poter stimare i rischi che stiamo assumendo all'interno dei portafogli.
Spazio alla natura
Green PRAXIS, startup di Marsiglia, anche grazie al supporto di Fidelity International, ha optato per una via alternativa: andare nelle piantagioni e nelle foreste – scegliendo il suggestivo scenario della foresta del Borneo in Indonesia - a caccia dei suoni della natura (clicca qui per guardare il video del test di bioacustica nella foresta pluviale del Borneo). Una volta catturati i suoni registrati direttamente in una piantagione di olio di palma e della foresta circostante e, con grafici alla mano, Noreen Blaukat, un giovane ricercatore ambientale, ha provato a spiegare l’impatto che le coltivazioni hanno sulla biodiversità.
Per fare questa tipologia di ricerca, sono necessari solo dei microfoni e, successivamente, dei software in grado di analizzare i suoni. Già un dato rivoluzionario se si pensa che, solitamente, per analizzare la biodiversità è richiesto agli esperti di contare fisicamente quante specie diverse vedono e quanti esemplari di ciascuna specie.
L’idea è quella di sfruttare la bioacustica, una scienza non invasiva che unisce biologia e analisi dei suoni, infatti “il suono è utilizzato da molti gruppi di animali, che possiamo usare come proxy dei livelli di biodiversità”, spiega Noreen.
Una volta che il microfono è lasciato nella zona di ricerca, che può essere molto estesa, questo registrerà tutti i suoni che lo circondano e, in un secondo momento, questi verranno analizzati da un software su tre livelli:
- Indice di complessità acustica, che misura le variazioni di ampiezza del suono, ovvero il volume. Tramite quest’analisi è possibile riconoscere i diversi gruppi di specie presenti
- Indice di entropia temporale, che misura la concentrazione di energia in un determinato periodo di tempo
- Indice di eventi acustici al secondo, che serve a individuare suoni ripetitivi come i richiami degli uccelli
Ad ogni tipologia di suono verranno poi attribuiti dei colori, ad esempio il rosso rappresenta attività acustiche molto aggressive, l’azzurro rappresenta un suono meno aggressivo, ovvero con più diversificazione.
Analizzando i grafici riassuntivi, risulta chiaro che nell’appezzamento di terra dedicato alla produzione vi è una forte presenza di una singola specie di animali, nel caso specifico di cicale, animale molto adattabile anche ad ambienti degradati, mentre nelle zone non utilizzate a scopo agricolo, vi è una maggiore quantità del colore blu, che riflette un numero significativamente più elevato di eventi acustici differenti. Dimostrando che i terreni di conservazione, ovvero quelli in cui l’ambiente viene preservato, hanno mostrato un profilo molto diverso rispetto a quelli di produzione e, invece, sono qualitativamente più vicini all’apprezzamento forestale di controllo, ovvero allo stato naturale.
Questo studio dimostra che la bioacustica può offrire un modo efficiente per misurare la biodiversità. Si tratta sicuramente di un metodo ancora ai primi passi, tuttavia la possibilità di effettuare indagini acustiche rapide e a basso costo, potrebbe diventare fondamentale, aiutando le aziende a misurare e divulgare l’impatto delle loro attività, offrendo così sempre più trasparenza agli investitori. Il segreto del successo? A quanto pare, basta tenere le orecchie ben aperte.
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