Decarbonizzazione, difesa e deglobalizzazione: le 3 D della guerra

Decarbonizzazione, difesa e deglobalizzazione sono le tre grandi trasformazioni in atto in diversi paesi, e la guerra in Ucraina potrebbe aver dato la spinta necessaria

La guerra in Ucraina potrebbe fungere da acceleratore di tre grandi tendenze già in atto a livello globale, ma soprattutto europeo: la decarbonizzazione, la difesa e la deglobalizzazione. “Oltre a un rinnovato contraccolpo alle catene di approvvigionamento e all’inflazione guidata dai rialzi nei prezzi delle materie prime, sono questi i tre temi che probabilmente perdureranno oltre il picco di inflazione iniziale”, afferma Natasha Ebtehadj, Portfolio manager, global equity di Columbia Threadneedle Investments. “In quanto investitori a lungo termine, cerchiamo sempre di guardare attraverso il ‘rumore’ per vedere in quale tipo di mondo potremmo emergere”.

La 1° D della guerra: Decarbonizzazione

Di necessità, virtù: così, la guerra in Ucraina potrebbe accelerare la transizione energetica, così come il Covid ha fatto con il cloud computing e molto altro. Una tendenza che potrebbe caratterizzare in particolar modo l’Europa, dove, il 7 aprile scorso, gli eurodeputati hanno approvato l’embargo totale e immediato delle importazioni di carbone, gas, combustibile nucleare e petrolio provenienti dalla Russia (con 513 sì, 22 voti contrari e 19 astenuti). Un duro colpo per diversi paesi dell’Unione europea (Ue) e non solo, che dipendono fortemente dalle importazioni di energia russa: secondo i dati dell’European Union Agency for the Cooperation of Energy Regulators, Macedonia del Nord, Bosnia Erzegovina e Moldavia importano il 100% del gas dalla Russia, seguiti da Finlandia (94%), Lettonia (93%), Bulgaria (77%), Germania (49%), Italia (46%), Polonia (40%), Francia (24%).
La risoluzione adottata dal Parlamento si allinea al piano pubblicato l’8 marzo 2022 dalla Commissione europea, REPowerEU, in risposta al problema della sicurezza energetica, che evidenzia la portata delle ambizioni dell’Unione europea: cercare di ridurre di due terzi la sua dipendenza dal gas russo entro la fine dell’anno. “L’accelerazione della creazione di energie rinnovabili come l’eolico, il solare e l’idrogeno green sarà fondamentale nel raggiungimento di questi obiettivi”, sottolinea l’esperto.

La 2° D della guerra: Difesa

L’invasione della Russia in Ucraina ha riportato dopo quasi 100 anni la guerra sul suolo europeo, facendo paventare tra i leader Ue la possibilità di organizzare uno strumento di difesa comune. Così, il 21 marzo scorso il Consiglio ha approvato la cosiddetta “bussola strategica (strategic compass)”, ossia un ambizioso piano d’azione per rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell’Ue entro il 2030. In questo modo, gli Stati membri si sono impegnati ad aumentare, negli anni a venire, le spese per la difesa (che, secondo l’European Defence Agency, hanno già subito un incremento pari a circa il 25% tra il 2014 e il 2020).
La difesa, tuttavia, non riguarda solo quella sul campo e a livello governativo: “anche le aziende private probabilmente spenderanno di più per la sicurezza informatica”, aggiunge Ebtehadj, che sottolinea come il boicottaggio russo abbia coinvolto anche le imprese. “È probabile che il rafforzamento della protezione delle risorse digitali rappresenti un’altra tendenza accelerata dalla guerra e i fornitori di servizi di sicurezza informatica giocheranno un ruolo chiave”.

La 3° D della guerra: Deglobalizzazione

La deglobalizzazione rappresenta una tendenza iniziata nel 2018 con la guerra commerciale dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con la Cina. Secondo l’esperto, questa è stata poi esacerbata dalla pandemia e probabilmente cementata dalla guerra in Ucraina. “Nel breve termine, le continue difficoltà delle catene di approvvigionamento significheranno probabilmente un’ulteriore diversificazione dei fornitori e degli impianti di produzione e una migliore corrispondenza tra produzione e ubicazione della domanda”.
Su un lasso di tempo più lungo, l’uso di sanzioni economiche contro la Russia (e, in particolare, l’utilizzo del dollaro contro uno Stato membro del G20 per la prima volta, tramite il congelamento dell’accesso della Russia a 630 miliardi di dollari di riserve di valuta estera), avrà probabilmente delle ripercussioni per l’economia globale.
“È difficile immaginare che la Cina, che attualmente possiede 3,2 mila miliardi di dollari di riserve valutarie, una grande percentuale delle quali è probabilmente denominata in dollari, non voglia sottrarsi a questa esposizione al dollaro date le sue stesse tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti” conclude l’esperto. “Insieme all’inflazione, ciò ha il potenziale per creare uno scenario in cui il costo nominale del capitale continuerà a salire”.

 

 

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