Stati Uniti a rischio recessione? I segnali da tenere d’occhio

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Inflazione elevata, Pil in contrazione e mercato immobiliare stagnante. Sono diversi i campanelli d’allarme che suonano sulla prima economia mondiale. Dobbiamo preoccuparci?

Un cocktail di inflazione elevata, economia in contrazione e mercato immobiliare stagnante potrebbe far barcollare gli Stati Uniti, la prima economia mondiale, e farla cadere in recessione. Per capire quanto sia concreto questo rischio occorre, secondo gli esperti di Capital Group, osservare da vicino alcune variabili macro.

Non solo Pil

Il Prodotto interno lordo (Pil) degli Stati Uniti ha registrato un calo per due trimestri consecutivi nella prima metà dell’anno (-1,6% e -0,6%), facendo entrare l’economia americana nella cosiddetta recessione tecnica. Un altro segnale preoccupante è dato dal rapido calo della vendita di nuove case. Con la Federal Reserve (Fed) che ha alzato in modo significativo i tassi d’interesse, portandoli al 2,5%, i tassi ipotecari sono saliti alle stelle, innescando una forte reazione nel mercato immobiliare: “Il mese scorso gli acquisti di nuove case unifamiliari sono diminuiti dell’8,1%, il calo più significativo registrato in oltre due anni – sottolinea Jared Franz, economista di Capital Group – e la vendita delle case di proprietà è crollata del 5,4%”. Tanto che l’esperto non esclude che una correzione più ampia di questo settore possa aumentare l’entità e la durata della prossima recessione Oltreoceano.

Inflazione Usa sotto la lente

Di certo l’inflazione Usa sui livelli più alti degli ultimi 40 anni rappresenta un altro campanello di allarme. Tanto che potrebbe essere necessaria una recessione sostanziale per riportarla sotto controllo. Ma secondo Pramod Atluri, gestore di portafogli a reddito fisso di Capital Group, il peggio potrebbe essere già passato: i segnali che l’inflazione ha raggiunto il suo picco sono molti, come il calo dei prezzi della benzina, del grano e di altre materie prime. “Ciò potrebbe dare alla Fed la copertura economica di cui ha bisogno per sostenere la crescita, pur continuando a dare il giusto peso all’inflazione”, osserva Atluri.

Come leggere i dati sul lavoro e i consumi

Un fattore positivo che finora ha spazzato via i venti di recessione negli Stati Uniti è rappresentato dal mercato del lavoro, che continua a rimanere solido. Ad agosto sono stati creati 315.000 nuovi posti di lavoro, più delle aspettative, e il livello di disoccupazione rimane sui livelli minimi. Tuttavia, come spiega Franz “questo numero riflette uno squilibrio tra domanda e offerta in un’economia che non si è ancora ripresa completamente dalla pandemia”.

Anche la spesa per i consumi, che finora ha dato segnali rassicuranti, sta iniziando a scricchiolare. Se a giugno era cresciuta dell’1,0%, a luglio ha registrato una battuta di arresto, evidenziando un calo dello 0,1%, in linea con quello che Franz aveva già previsto, ovvero il calo della spesa complessiva sarebbe stata solo una questione di tempo, viste le pressioni inflattive.

Quando si saprà con certezza?

Al momento, secondo Capital Group, non esistono risposte certe. Da un lato il National Bureau of Economic Research, l’arbitro ufficiale delle recessioni statunitensi, non ha ancora rivelato il suo parere, avendo bisogno di tempo per analizzare non solo il Pil, ma anche i livelli di occupazione, il reddito delle famiglie e la produzione industriale. Una risposta più immediata potrebbe arrivare dal singolo consumatore, che guarda alla quotidianità, ovvero a “una crescita più sostenuta dei prezzi di generi alimentari, energia e alloggi rispetto ai salari, un’inflazione superiore al 9% e il calo delle vendite delle case”. Sono proprio loro a vivere in prima persona gli effetti di quello che sta succedendo.

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