Il settore minerario pesa meno di Tesla (ed è cronicamente sottoinvestito)

Non sono solo i colli di bottiglia causati dalla pandemia o le incertezze circa gli approvvigionamenti alimentate dalla guerra a spingere a rialzo le materie prime, ma anche i decenni di sottoinvestimenti nel settore minerario. Quali conseguenze?

Il settore minerario ricopre un ruolo centrale nell’economia mondiale, ma dal punto di vista finanziario rimane un’area che gli investitori trascurano da almeno un decennio (o ancor più). Lo dimostrano i dati: al 16 marzo 2022, la capitalizzazione di mercato delle prime sette società del comparto (BHP, Rio Tinto, Vale, Glencore, Freeport, Anglo American e Newmont) raggiungeva i 648 miliardi di dollari, “pesando” meno di Tesla e dei suoi 844 miliardi di dollari. In un contesto come quello attuale, in cui i prezzi delle materie prime hanno raggiunto record assoluti (si pensi al Nickel, +141% da inizio anno al 7 marzo), non sono solamente i colli di bottiglia causati dalla pandemia o le incertezze circa gli approvvigionamenti alimentate dalla guerra a spingere a rialzo le commodity, ma anche i decenni di sottoinvestimenti nel settore. Douglas Upton, Equity analyst di Capital Group, spiega le conseguenze di tale negligenza da parte del mercato.

 

Capitalizzazione di mercato delle più 7 grandi società del settore minerario vs Tesla, in dollari. Fonte: Capital Group.

 

Se i metalli sospingono la rivoluzione tecnologica

“Il settore dei metalli e quello minerario rappresentano un’area trascurata dagli investitori da decenni, se si esclude il picco nei prezzi registrato durante la grande crisi finanziaria del 2008” spiega Upton. La situazione è peggiorata dal 2015, quando gli investimenti nel comparto hanno iniziato a calare e gli investitori hanno puntato su cavalli più veloci. Tuttavia, anche le società più innovative e tecnologiche ripongono gran parte della propria attività sull’approvvigionamento di alcuni metalli, nickel in primis. “Tesla, ad esempio, necessita di tale metallo per la produzione delle batterie a ioni di litio che alimentano i suoi autoveicoli. Tanto che lo stesso fondatore Elon Musk aveva menzionato come le difficoltà nell’approvvigionamento del metallo avrebbero potuto frenare la produzione delle macchine già mesi prima che la Russia invadesse l’Ucraina” continua Upton.

Dalla transizione energetica alle tempistiche più lunghe

Non è solo la tecnologia a necessitare dei metalli, però. “Anche la transizione energetica potrebbe aumentare i prezzi delle materie prime: i veicoli e le reti elettriche, infatti, richiederanno grandi quantità di rame, nickel e altri materiali chiave” aggiunge l’esperto. Ma l’aumento della domanda, insieme ai sottoinvestimenti nel settore, “potrebbero portare a un periodo prolungato di elevati prezzi delle commodity”. Altro fattore chiave è il fatto che aumentare i ritmi di produzione del comparto metallurgico e minerario non è affar semplice e ha tempistiche più dilatate rispetto ad altre materie prime come i cereali. “Per la scoperta delle miniere, la richiesta dei permessi e la ricerca dei finanziamenti sono oggi necessari molti più anni rispetto che in passato. Dal punto di vista dei prezzi, questi puntano a massimi più alti e minimi più bassi fino a che i nuovi investimenti cominciano a produrre risultati” aggiunge Upton.

I sottoinvestimenti nel settore minerario avranno conseguenze importanti

Tuttavia, secondo l’esperto i mercati stanno sottovalutando le conseguenze di tali sottoinvestimenti. “Le valutazioni e le stime di consenso sugli utili assumono che i prezzi delle materie prime declineranno nel corso dei prossimi anni, fino a raggiungere le medie storiche. Ma penso che queste previsioni potrebbero rivelarsi piuttosto incorrette, col senno di poi” conclude Upton.

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