La moda è sempre più tecnologica: l’esempio di LVMH

Il settore della moda, uno tra i più grandi al mondo, si è avvicinato alla tecnologia, implementando nuove tecniche e servizi tecnologici per migliorare il proprio business

L’impiego della tecnologia nell’industria della moda cresce a un ritmo senza precedenti: dai robot capaci di tagliare e cucire il tessuto, agli algoritmi di intelligenza artificiale che predicono le prossime tendenze, fino alla realtà aumentata nei camerini di prova e i tag di tracciamento dei capi per assicurarne l’autenticità. Per un settore che entro la fine del decennio potrebbe valere più di 3 mila miliardi di dollari, secondo le stime del centro di ricerca americano CB Insights, le innovazioni tecnologiche rappresentano un’opportunità da non farsi sfuggire e, in un mondo sempre più interconnesso, per incrementare i propri ricavi e aumentare la propria brand awareness.
Non tutte le aziende del settore moda hanno tuttavia abbracciato la rivoluzione tech fin dai suoi albori. Alcuni, soprattutto nel segmento del lusso, hanno accumulato ritardi, preoccupati che l’adozione di e-commerce e innovazione tecnologica potesse scalfire la propria immagine: è ad esempio il caso del noto marchio di lusso LVMH, multinazionale francese cui fanno capo 75 marchi, come la maison di moda Louis Vuitton, il produttore di cosmetici Sephora e il gioielliere Tiffany & Co., acquisito dal gruppo a gennaio 2021.

Le principali innovazioni di LVMH

Il principale motivo del ritardo nell’adozione di tecniche e servizi tecnologici da parte del gruppo a guida di Bernard Arnault fu infatti rappresentato dal fatto che “i dirigenti di LVMH erano preoccupati che un maggiore accesso ad un mercato più ampio, la capacità di monitorare le preferenze dei clienti e altri vantaggi di un’attività digitale potessero indebolire l’immagine di esclusività dei suoi marchi” spiega Lara Pellini, Equity portfolio manager/Analyst di Capital Group. Ulteriore ostacolo per LVMH fu “l’urgenza di sviluppare un’esperienza il più fluida possibile attraverso i diversi canali e i brand del gruppo, dalla moda all’ospitalità fino alla produzione vinicola, ciascuno con i propri costumi e cultura”, aggiunge Pellini. Difficoltà cui l’azienda rispose nel 2015 assumendo il suo primo digital chief officer, Ian Rogers, che fondò il laboratorio di vendita al dettaglio LVMH per poter supportare ogni marchio nella propria trasformazione digitale.
Tra le altre novità introdotte, ad esempio, uno strumento digitale per tracciare le merci attraverso la catena di approvvigionamento così da garantire l’autenticità dei prodotti e ridurre al minimo la minaccia di furto. L’azienda iniziò inoltre a utilizzare la tecnologia di gestione degli ordini che consente ai consumatori di tenere traccia delle scorte disponibili in tempo reale e di optare per una consegna in giornata con ‘white gloves’ (ovvero con guanti bianchi, trasporti che richiedono una particolare cura e attenzione), oppure per il ritiro in negozio.
Anche l’intelligenza artificiale fu implementata tra i nuovi servizi offerti dal gruppo al fine di personalizzare l’esperienza online di alcuni brand. Un esempio? Lo specchio intelligente di Sephora che permette ai clienti di provare il trucco utilizzando la realtà aumentata.
“L’e-commerce è dunque stato dirompente per molti rivenditori, ma si è rivelato positivo per LVMH. Anche se l’azienda ha ampliato la sua portata online, i suoi marchi hanno comunque mantenuto il loro fascino in tutto il mondo” conclude l’esperta.

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