Dalla città alla campagna: la deurbanizzazione piace sempre di più

Il trend della deurbanizzazione ha colpito le grandi metropoli statunitensi, riverberandosi (sia in positivo che in negativo) su alcuni comparti dell’economia, ma anche del settore immobiliare in senso lato

Nel 2020, sono stati 2,01 i milioni di cittadini statunitensi che si sono trasferiti al di fuori delle città, mentre ammontavano a 2,99 i milioni di residenti che hanno preferito i sobborghi alle metropoli.  Questi i dati dell’U.S. Department of Commerce, Visa Business and Economic Insights a dicembre dello scorso anno. Un fenomeno, quello della deurbanizzazione, che si è intensificato a causa della pandemia, portando numerose famiglie a spostarsi alla ricerca di spazi più grandi e salutari, vicini al verde e lontani dalle città. “La migrazione da alcune metropoli ha subìto un’accelerazione, mentre i prezzi delle abitazioni nelle zone suburbane sono schizzati alle stelle” spiega Lisa Thompson, Gestore di portafoglio azionario di Capital Group. Un fenomeno che, settore immobiliare a parte, si sta riverberando su altri comparti dell’economia. Ecco quelli favoriti e quelli invece penalizzati.

Deurbanizzazione: i settori che ne hanno beneficiato

“Numerosi sono i settori che potrebbero trarre vantaggio dal proseguimento della deurbanizzazione: viaggi privati e tempo libero, tecnologia e comunicazioni, cloud computing, ma anche le attività di rinnovamento delle abitazioni e il segmento degli immobili residenziali, soprattutto nei sobborghi e nelle zone periferiche” commenta Thompson. Tendenze che sembrerebbero destinate a continuare anche se il lavoro da remoto fosse relegato a pochi giorni a settimana. “I negozi casalinghi come Home Depot hanno chiaramente beneficiato di un maggiori numero di persone che acquistano nuove case nei sobborghi, mentre il passaggio all’home fitness ha favorito aziende come Peloton e Nike” prosegue l’esperto. Anche l’attività fisica e gli allenamenti outdoor potrebbero trarre vantaggio da questo trend, secondo Thompson: “credo si tratti di un tema d’investimento quasi metaforico. La gente trascorre più tempo nella natura, cammina o va in bicicletta e si sta rendendo conto che è davvero molto bello vivere all’aria aperta, stare di più in famiglia, visitare i parchi nazionali” aggiunge Thompson.

… e quelli che sono stati penalizzati

Tra i settori più penalizzati troviamo invece quello degli immobili commerciali, “le cui prospettive restano a dir poco oscure”. Negli Stati Uniti, infatti, il livello di uffici sfitti è aumentato oltre il 17% nel secondo trimestre 2021 dal 13% circa nel primo trimestre dell’anno precedente, secondo una ricerca di Cushman & Wakefield di giugno 2021.
“Al contempo, diversamente dalle congetture degli investitori, i prestiti immobiliari commerciali sono proseguiti senza alcun tipo di difficoltà o default, in gran parte grazie ai programmi di stimolo dei governi, che hanno aiutato le piccole e medie imprese a rispettare i propri obblighi di leasing e pagamento delle retribuzioni”, continua l’esperta. “Al momento siamo in una fase di attesa perché il supporto del governo è stato enorme” osserva Jared Franz, Economista di Capital Group “ma da qui al 2022 le cose potrebbero peggiorare drasticamente”.
Quanto al settore immobiliare in senso lato, gli esperti notano una profonda disparità fra i segmenti maggiormente colpiti, come uffici, negozi e hotel, e quelli che invece hanno registrato un rally nel momento in cui l’economia e le borse hanno iniziato la fase di ripresa, tra cui i magazzini, gli immobili industriali e quelli residenziali.

 

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