Microchip, il peggio è passato. Ecco perché la ripresa è all’orizzonte

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Dalla carenza all’eccesso. Il comparto dei semiconduttori è reduce da un periodo tumultuoso che ha portato a una certa volatilità dei titoli e una serie di interrogativi. Ora però gli esperti di Capital Group vedono i presupposti per una potenziale ripresa a partire dalla seconda metà dell’anno

Dalla crisi di microchip all’eccesso di scorte. La situazione nell’industria dei semiconduttori si è completamente ribaltata nel giro di poco tempo, lasciando il mercato con una serie di interrogativi. Chi infatti non si ricorda all’inizio della pandemia la significativa carenza di chip che aveva causato interruzioni e disagi anche nelle consegne di auto? Beh nel corso del 2022, con il calo della domanda di elettronica di consumo (legato anche all’inflazione) le cose sono cambiate e il settore, in alcune parti della filiera, si è dovuto confrontare con il problema opposto, ovvero un eccesso di scorte. Una situazione che ha portato già nei mesi scorsi a un sell-off dei titoli dei semiconduttori e ha fatto sorgere alcuni dubbi in merito alla portata e alla durata di questa flessione.

Tuttavia, “sarebbe un errore paragonare questo periodo alle precedenti flessioni”, avvertono da Capital Group, secondo cui oggi il settore dei chip è più consolidato e la domanda è più sostenuta. Tanto che la ripresa potrebbe essere dietro l’angolo, ponendo le basi per una continua performance. Quello dei semiconduttori resta infatti un settore di crescita secolare: sono proliferati all’interno delle applicazioni che utilizziamo quotidianamente, come computer, smartphone, ma anche auto, e rappresentano una delle tecnologie più importanti per la nostra economia. Ecco gli elementi a favore di una ripresa del comparto nei prossimi mesi.

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L’accumulo di scorte si sta riassorbendo

“L’attuale flessione è significativa, ma riteniamo sia gestibile”, sostiene Shailesh Jaitly, investment analyst di Capital Group, osservando come l’accumulo di scorte di chip si stia riassorbendo e le aziende produttrici abbiano agito con fermezza, effettuando tagli ai piani di spesa e sforzi per contenere i costi. “In generale – precisa l’esperto – riteniamo che le scorte di semiconduttori logici, che costituiscono il cervello dei dispositivi elettronici, abbiano probabilmente raggiunto il picco nel terzo trimestre del 2022, mentre le scorte di chip di memoria, che consentono di memorizzare i dati, sono ancora in aumento e potrebbero raggiungere il picco a metà del 2023”. La correzione dei chip analogici (utilizzati nei circuiti per controllare i segnali trasmessi ai chip logici) sarà probabilmente più lenta, continua Jaitly, dato il ciclo di obsolescenza dei prodotti più lunga e i prezzi relativamente stabili. Infine, il rischio di accumulare scorte in eccesso di chip più avanzati è minore, perché la minaccia dell’obsolescenza del prodotto limita il comportamento di accumulo da parte di distributori e produttori.

Il reshoring inciderà sui prezzi

Un altro aspetto da valutare riguarda la rilocalizzazione, con l’apertura di nuovi stabilimenti di semiconduttori negli Stati Uniti e in Europa alla luce delle interruzioni alle catene di approvvigionamento e delle tensioni geopolitiche. Basti pensare alla legge Chips and Science Act dell’amministrazione Biden, che prevede 52,7 miliardi di dollari per lo sviluppo di semiconduttori americani, o all’European Chips Act che punta all’aumento della produzione di semiconduttori in Europa. “Non c’è dubbio che ciò farà aumentare i prezzi”, avvertono da Capital Group. Secondo le stime, la produzione di processori negli Stati Uniti potrebbe costare dal 30% al 40% in più rispetto a Taiwan, maggior fornitore a livello globale, e dal 15% al 20% in più rispetto alla Corea del Sud, dove si trova la maggior parte della capacità attuale.

TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing), il colosso mondiale dei chip, prevede di aumentare i prezzi del 6% quest’anno per tutti i suoi clienti, al fine di ridurre i costi della sua espansione all’estero negli Stati Uniti, in Giappone e in Cina. Questo approccio è potenzialmente in grado di sostenere prezzi più elevati dei chip per un certo periodo di tempo, invertendo la tendenza al calo costante osservato in passato. Certamente, “la riconfigurazione della filiera dei semiconduttori rappresenterà una sfida”, considerando anche gli elevati costi di produzione e le competenze specializzate necessarie, che costituiscono degli ostacoli importanti da superare.

In conclusione

Nonostante il brusco sell-off dei titoli dei semiconduttori, osservato l’anno scorso, Capital Group ritiene che quello dei chip rimanga un settore di crescita secolare e offra opportunità di investimento interessanti. Qualche esempio? La domanda di chip per l’elaborazione a elevate prestazioni utilizzati nelle funzioni di cloud computing e di intelligenza artificiale è un potenziale fattore di ulteriore crescita del settore, così come il processo di elettrificazione dei trasporti. Le auto elettriche contengono infatti il doppio di silicio rispetto alle a quelle tradizionali e gli smartphone 5G utilizzano circa il 40% in più di processori rispetto ai telefoni 4G. Inoltre, cresce la domanda di prodotti per la realtà virtuale e la realtà aumentata. Non per niente, secondo un recente report di McKinsey, il settore dei semiconduttori in questo decennio è previsto crescere a un ritmo del 6-8% annuo fino a raggiungere i 1.000 miliardi di dollari nel 2030. “Pertanto, riteniamo che il settore sia ben posizionato per beneficiare di questi fattori positivi negli anni a venire”.

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