I 3 rischi normativi cui andranno incontro le Big Tech in futuro

Il rischo normativo rappresenta un fattore sempre più centrale con cui le società tecnologiche devono fare i conti. Tre sono le categorie in cui può essere diviso

“Le società tecnologiche sono chiamate ad affrontare un importante rischio nei prossimi anni: quello normativo”. Così Tracy Li, Analista degli investimenti di Capital Group. Secondo l’esperta, infatti, “la maggior parte delle piattaforme tecnologiche si sta confrontando con le pressioni esercitate dalle autorità statunitensi ed europee su questo contesto. Saranno in particolare tre le categorie in cui il rischio normativo si declinerà: tutela dei dati e della privacy, controllo dei contenuti e moderazione e azione antitrust”. Ecco come influiranno sulle politiche interne e scelte delle big tech negli anni a venire.

Tutela dei dati e della privacy

La tutela dei dati e della privacy, “è una questione complessa per cui saranno necessari parecchi compromessi, che rallenteranno il processo legislativo. Mentre le autorità competenti saranno impegnate a definire il nuovo assetto normativo, le aziende cercheranno di consolidare la propria regolamentazione, sia internamente che a vicenda”, spiega Li. Spesso, infatti, sono le società stesse a stringere maggiormente il giro di vite in tal senso. Ad esempio, lo scorso aprile Apple ha comunicato che nell’aggiornamento ad iOS 14 gli utenti potranno decidere se bloccare o meno gli Identifier for advertisers (Idfa), ovvero i codici identificativi di ogni dispositivo mobile usati dalle società per la targetizzazione e l’efficacia delle campagne pubblicitarie, in una più ampia istanza di rendere la privacy dei suoi clienti un vero e proprio diritto. Una decisione, quella dell’azienda di Cupertino, che ha spinto Google all’idea di eliminare gradualmente i cookie di terze parti dal proprio browser Internet Chrome. “In questo modo, l’autoregolamentazione in questo settore potrebbe portare alle aziende con accesso diretto a dati o che raccolgono le informazioni più personali su piattaforme o ecosistemi proprietari i maggiori vantaggi competitivi. Lo stesso varrà per le realtà con buone capacità di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, come Google e Facebook”, continua Li.
Tuttavia, “con i governi intenzionati ad ampliare e inasprire le leggi sulla privacy il panorama normativo si farà probabilmente sempre più complesso. Ecco perché ritengo che i regolamenti varati di recente in Europa e negli Stati Uniti finiranno per sostenere, seppure involontariamente, i giganti del settore rispetto ai loro rivali più piccoli”.

Controllo dei contenuti

Negli ultimi anni, a Washington si è discusso molto della Sezione 230, ovvero la legge promulgata negli Stati Uniti come parte del Communications Decency Act del 1996 che sancisce che le piattaforme non sono responsabili di ciò che viene pubblicato su di esse da altri. “In questo modo, quindi, la sezione ha assicurato una certa immunità federale ai fornitori e agli utenti di servizi informativi interattivi. Ad oggi, le società di internet hanno infatti goduto di un’ampia protezione rispetto ai contenuti pubblicati sulle loro piattaforme”. Se tale sezione dovesse essere abrogata, vigerà l’obbligo, per le piattaforme internet, di aumentare la trasparenza e riferire in merito alla gestione dei contenuti, che andranno eventualmente rimossi entro 24 ore se richiesto da un tribunale. “Tutto ciò potrebbe comportare costi di conformità più elevati e ammende più frequenti, che contribuirebbero ad ampliare il vantaggio competitivo delle società più grandi”, aggiunge Li. Tuttavia, secondo l’esperta sarà più probabile che “la sezione 230 non verrà abrogata, ma più probabilmente riformata”.

Moderazione e azione antitrust

Il terzo rischio che devono fronteggiare le piattaforme tecnologiche ha a che fare con il tema antitrust. “Le pratiche anticoncorrenziali applicate oggi per le grandi piattaforme di internet” prosegue Li, “sembrano corrispondere a quello che era il concetto di sicurezza e solidità per le Big Bank, il principale problema sistemico riscontrato dalle autorità di regolamentazione durante la crisi del 2008. “Analogamente al principio ‘too big to fail’ (troppo grande per fallire) che valeva per le banche, potremmo quindi assistere all’applicazione per le piattaforme internet di regole di concorrenza diversificate in base alle dimensioni”.
“A tal proposito non prevedo grandi disgregazioni aziendali, ma penso che in futuro sarà più complicato eseguire operazioni di M&A (Mergers & Acquisitions) di ampia portata” continua l’esperta. “Le indagini della Camera dei Rappresentanti americana riguardo il potere monopolistico di Apple, Amazon, Google e Facebook dimostrano la maggiore attenzione riservata ai futuri accordi societari. Ma perseguire i casi di antitrust può essere molto difficile”, aggiunge Li. Un esempio è stata la scelta del 28 giugno 2021 di un giudice federale che ha respinto le accuse mosse contro Facebook dalla Federal trade commission (Ftc) e da decine di avvocati per non aver adeguatamente supportato le proprie asserzioni secondo cui Facebook disporrebbe dello status di monopolio nel settore dei social media.

Investire a prescindere dai rischi normativi

Tuttavia, “gli esiti normativi sono spesso difficili da prevedere con precisione e molte volte si rivelano meno importanti per determinare il successo di un’azienda rispetto alle sue caratteristiche intrinseche”, aggiunge Li. L’adattabilità del management, la capacità di sviluppare nuovi prodotti e servizi innovativi e le valutazioni correnti si dimostrano infatti metriche più utili per gli investitori che, monitorando attentamente gli sviluppi legali e normativi, potranno trovare interessanti opportunità di investimento anche nelle aziende che devono far fronte a queste pressioni”.

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