La Terra sta vivendo la sesta estinzione di massa della storia

Quella in corso è la prima estinzione di massa cui l’umanità è testimone. Essendo responsabile per la scomparsa delle altre, la nostra specie ha l’obbligo di provare a invertire la rotta

L’allarme era stato lanciato già una ventina di anni fa, quando i ritmi di estinzione delle specie animali lasciavano poche speranze: il pianeta Terra si trova nel mezzo di una sesta estinzione di massa? Già nel 2004, l’articolo Extinction risk from climate change pubblicato su Nature affermava come il 15-37% di 1103 specie animali e piante conosciute sarebbe stato condannato all’estinzione entro il 2050. Con la presa di coscienza riguardo agli effetti del riscaldamento globale, tuttavia, le stime sono negli anni sempre più state riviste al rialzo. A sostenerle, ad esempio, il raddoppio dei tassi di estinzione rispetto alle precedenti rilevazioni così come denunciato dalla ricerca Accelerated modern human-induced species losses: Entering the sixth mass extinction, pubblicata su Science nel 2015.
La conseguenza? Una reazione a catena, dalla perdita di biodiversità a quella di servizi ecosistemici, fino a una vera e propria estinzione di massa. Secondo l’ultimo resoconto dell’Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services (Ipbes) del maggio 2019, circa il 25% delle 8 milioni di specie animali e vegetali esistenti è infatti a rischio, con circa il 12,5% avente sole poche decadi di aspettativa di vita. “A differenza dei cinque precedenti eventi di estinzione di massa, la crisi della biodiversità è il risultato dell’attività umana”, commentano da BNP Paribas Asset Management (“BNPP AM”). “Abbiamo quindi l’obbligo di agire per fermare questa distruzione e abbracciare modalità per ripristinare le risorse limitate del pianeta prima che sia troppo tardi”.

Le 5 estinzioni di massa della storia della Terra

Definite come la perdita del 75% delle specie esistenti in un ristretto periodo di tempo (che nel sistema usato dai geologi si aggira intorno ai 2,8 milioni di anni), le estinzioni di massa hanno coinvolto il pianeta Terra ben 5 volte in passato. La prima, verificatasi a causa di una caduta vertiginosa delle temperature durante il periodo ordoviciano-siluriano (450 milioni di anni fa), cancellò l’85% delle specie esistenti. Durante il devoniano superiore (375 milioni di anni fa), circa tre quarti delle specie si estinsero, specialmente quelle degli habitat oceanici. Nel periodo permiano (250 milioni di anni fa), invece, a scomparire fu il 95% di animali e piante, a causa di un asteroide o un’esplosione vulcanica. La quarta ebbe luogo circa 200 milioni di anni fa, nel triassico-giurassico, e portò all’eliminazione dell’80% delle specie, forse a causa di un incremento dei livelli di Co2 e delle temperature terrestri. Infine, quella occorsa durante il periodo cretaceo-palocene (65 milioni di anni fa) estinse il 78% delle specie ed ebbe cause simili alla terza.

La perdita di biodiversità sarà il nuovo cambiamento climatico

Come per il cambiamento climatico, gli investitori dovranno considerare in che modo la perdita della natura potrebbe tradursi in un rischio finanziario per le aziende e adottare un impegno aziendale efficace e una difesa delle politiche pubbliche per garantire che questo messaggio venga diffuso”. Per essere parte attiva del cambiamento, tuttavia, non sarà sufficiente investire in quelle società all’avanguardia in quanto a tecnologia, che offrono soluzioni trasformative e riparatrici per affrontare i problemi attuali. Sarà invece essenziale “anche valutare il rischio di biodiversità delle aziende esistenti per comprendere meglio il loro rapporto e apporto alla questione. Anche se questo sembra semplice, non lo è”, avvertono da BNPP AM. “Molte aziende stesse non sono consapevoli di questi rischi, non ne riferiscono e/o devono ancora attuare qualsiasi forma di strategia per la biodiversità”.
In questo contesto, quali sono i passi successivi da intraprendere per le società? In primis, un miglioramento dei dati esterni, spesso insufficienti e superficiali nel livello di dettaglio “necessario agli investitori per collegare impatti specifici a una singola azienda”. Ma anche l’impegno collaborativo “potrebbe essere uno strumento efficace per affrontare e valutare questi rischi; nonostante i dialoghi tra investitori e aziende le questioni ambientali tendono a mancare di un senso di urgenza. Le aziende, oggi, dovrebbero essere incoraggiate a prendere in considerazione il ripristino degli habitat e gli impegni di rimboschimento”, continuano da BNPP AM.

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