Sempre più bocche da sfamare: la Terra sopravviverà allo sforzo?

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Con l’aumento della popolazione e le sfide climatiche risulta sempre più chiara la necessità di modificare la filiera alimentare, partendo dalla produzione, fino ad arrivare alla tavola

La Terra ha quasi 8 miliardi di abitanti, ma la prospettiva è che questo dato cresca fino a 10 miliardi entro il 2050, stando ai dati riportati dalle Nazioni Unite. Si tratta di un salto considerevole, che avrà un impatto diretto sulla produzione e il consumo di beni alimentari. Secondo le stime di BNP Paribas Asset Management, infatti, per soddisfare le esigenze future “la quantità di cibo che dovremo produrre raddoppierà. Non solo ci saranno più bocche da sfamare, ma le persone che accumulano più ricchezza tendono a consumare più calorie pro capite”. Il problema principale connesso a quest’ultimo punto è che le calorie addizionali provengono da proteine animali, la cui produzione è legata ad alte emissioni di gas effetto serra.

Così, il tema della sicurezza alimentare si sposta sempre di più in cima all’agenda, diventando un problema reale non solo più per gli ecologisti, ma anche per governi ed economisti visto il rischio cui si va in contro. Il nodo della questione è che le pratiche di approvvigionamento alimentare in atto non sono e non saranno abbastanza sostenibili nel lungo periodo. È quindi necessario iniziare una trasformazione su larga scala, che potrà offrire anche nuove opportunità di investimento.

Offerta alimentare non sostenibile

Sebbene a prima vista potrebbe non essere semplice collegare le emissioni di gas effetto serra con la produzione di alimenti, la realtà è molto diversa. Infatti, vi sono varie modalità attraverso cui la filiera alimentare sta facendo la sua parte nel peggioramento della situazione climatica, sia dal punto di vista della deforestazione che del sovra utilizzo di acqua, di fertilizzanti e di prodotti chimici. Inoltre, da non dimenticare è il fatto che i bovini da latte emettono naturalmente metano durante il loro processo di digestione.

Se l’obiettivo fosse davvero quello di aumentare la produzione di cibo di un altro 50% rispetto ai livelli attuali, la situazione non farebbe che peggiorare. La domanda da porsi è: il nostro pianeta sarebbe in grado di sopravvivere a tale sforzo?

Aumento dei rifiuti

Secondo le stime dello UN Environment Programme (UNEP), nel 2021, è stato sprecato il 17% della produzione alimentare globale. Si tratta di una quantità di cibo enorme, che avrebbe potuto alimentare altri due miliardi di persone.

Le sfide relative allo spreco alimentare risultano aperte: è necessario trovare soluzioni alternative per preservare al meglio i prodotti. Dei piccoli passi avanti sono già iniziati: si stanno sviluppando, ad esempio, imballaggi migliori, e si stanno iniziando a sfruttare alcuni ingredienti naturali che aiutano a prolungare la durata di conservazione, come l’acido lattico.

La maggiore consapevolezza parte dai consumatori

Esistono tuttavia sempre più modi attraverso cui anche i consumatori possono lottare direttamente contro lo spreco alimentare e limitare il proprio impatto sul pianeta. Essere consapevoli che esiste un legame molto forte tra cibo e problemi di sostenibilità più ampi è il primo step. Poi, però, è il turno di una serie di impegni pratici, tra cui passare a una alimentazione il più possibile plant-based, investire in una produzione più efficiente, con tecnologie di irrigazione e raccolta più sofisticate, oltre che con migliori imballaggi.

Inoltre, la digitalizzazione potrebbe essere di grande aiuto anche in questo ambito. Attraverso la tecnologia, infatti, i consumatori potrebbero informarsi in prima persona sull’origine e sull’impatto di quello che decidono di avere nel loro piatto. Questo dovrebbe aiutare a creare una sensibilizzazione sempre maggiore, convincendo i consumatori a diminuire, se non evitare, l’uso di carne e latticini. Una volta che questi cambieranno la propria mentalità, anche i produttori di alimenti saranno costretti ad agire e ad adattarsi.

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