Polizze unit linked: un dibattito in Cassazione

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La natura della polizza unit linked quale contratto di assicurazione sulla vita è stato da sempre oggetto di un ampio dibattito non solo dottrinario, ma soprattutto giurisprudenziale

Le polizze di tipo unit linked sono definite come contratti assicurativi le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento.

Nonostante tale definizione sia stata introdotta dal nostro ordinamento nazionale in ossequio e recependo la normativa comunitaria, la natura della polizza unit linked quale contratto di assicurazione sulla vita è stato da sempre oggetto di un ampio dibattito non solo dottrinario, ma anche e soprattutto giurisprudenziale.

Da una parte si è  assistito all’intervento della Corte Suprema di Cassazione che, nella sua funziona nomofilattica e nel garantire l’attuazione della legge nel caso concreto,  ha cercato di fornire indirizzi interpretativi “uniformi” per mantenere, nei limiti del possibile, l’unità dell’ordinamento giuridico, attraverso una sostanziale uniformazione della giurisprudenza. Dall’altra parte si è assistito alla formazione di una recente giurisprudenza di merito laddove, proprio nell’affermare la natura assicurativa delle polizze unit linked con tutti i conseguenti vantaggi civilistici tipici dei contratti di assicurazione sulla vita, applica e richiama la normativa e la giurisprudenza comunitaria disattendendo e, talvolta, arrivando a conclusioni opposte della giurisprudenza nazionale.

Recente giurisprudenza di merito sulla natura delle polizze unit linked: di cosa stiamo parlando

Nell’ambito della giurisprudenza di merito soprarichiamata, merita particolare attenzione la sentenza n. 2426 del 21 novembre 2019 del Tribunale di Bergamo con la quale il giudice di prime cure, nel rigettare la domanda del contraente di una polizza unit linked che richiedeva l’accertamento della nullità della polizza con conseguente restituzione del premio versato, è stato chiamato a pronunciarsi proprio sulla natura (assicurativa o finanziaria) di siffatto tipo di polizze.

In particolare il giudice giunge alla conclusione che le polizze unit linked, anche in assenza di previsioni sulla restituzione del capitale investito, rimarrebbero prodotti assicurativi e non finanziari tour court. Il giudice nella sua decisione ed esercitando la sua funzione nomofilattica, ha richiamato ed applicato in primis la normativa comunitaria, ripercorrendo la genesi di matrice comunitaria delle polizze assicurative vita c.d. linked le quali sono state introdotte nell’ordinamento giuridico nazionale proprio in recepimento della prima Direttiva comunitaria vita n. 79/267/CEE. Inoltre lo stesso giudice evidenzia che la definizione di assicurazione rientrante nel Ramo Vita III, contenuta nei provvedimenti legislativi di diritto interno che si sono succeduti nel tempo, sono del tutto coincidenti con la definizione contenuta nella prima Direttiva vita e riprodotta in termini identici nelle direttive successive in materia di assicurazione sulla vita. Il giudice prosegue nel suo ragionamento affermando che  la Corte di Giustizia Europea è più volte intervenuta sulla questione, dapprima con la sentenza dell’1 marzo 2012 con cui aveva precisato che “i contratti detti “unit linked” oppure “collegati a fondi di investimento” sono normali in diritto delle assicurazioni ed in seguito, con la sentenza n. 542 del 31 Maggio 2018, nella quale quest’ultima ha confermato la sussistenza della qualifica di assicurazione sulla vita delle polizze unit linked anche qualora non venga garantita la restituzione del capitale poiché esse, per loro espressa natura, possono comportare guadagni o perdite finanziare all’assicurato o agli eredi in caso di suo decesso.

Secondo la Corte di Giustizia dunque un contratto è qualificabile come assicurazione sulla vita qualora in esso sussista la correlazione tra premio versato dall’assicurato e prestazione dell’assicuratore al verificarsi dell’evento oggetto del contratto, a nulla rilevando la valutazione in merito alla sussistenza tanto del rischio finanziario quanto di quello demografico. Di diverso avviso è stata la Corte di Cassazione laddove, con la famosa sentenza n. 6319/2019, afferma che l’assunzione del rischio demografico da parte dell’assicuratore è un requisito indefettibile per poter qualificare una polizza unit linked quale contratto di assicurazione sulla vita.

Considerazioni finali

Il giudice di merito nazionale in questa occasione, così come si è verificato in un altro caso, di fronte al contrasto tra la normativa e giurisprudenza comunitaria e la giurisprudenza nazionale di legittimità, ha ritenuto di dover disattendere quest’ultima, in considerazione della forza sovranazionale delle statuizioni della Corte di Giustizia Europea che, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili, hanno un’operatività immediata negli ordinamenti interni.

In altri termini il giudice nella pronuncia di Bergamo non ha fatto altro che attenersi, e direi correttamente, alla funzione nomofilattica della Corte comunitaria che svolge una funzione pregiudiziale proprio all’interno dell’ordinamento giuridico e che, comunque, dovrebbe avere prevalenza quale disciplina sovranazionale, laddove si ponga in contrasto con la normativa/giurisprudenza nazionale.

Si tratta dell’inizio di un filone giurisprudenziale in via di formazione (almeno si spera), ma che tuttavia è da ritenersi coerente con quanto si sta già verificando a livello normativo e regolamentare nazionale che rispecchia fedelmente la normativa comunitaria, a cominciare dalla recente definizione di “prodotto di investimento assicurativo o IBIP” derivante dal Regolamento PRIIPs, laddove ci rientrano anche le polizze di ramo III unit linked. Si parla infatti di IBIP come di un prodotto il cui valore è influenzato dalle oscillazioni del mercato in cui il rischio di investimento è carico del contraente ed ove l’assenza di una garanzia di restituzione del capitale investito, ai sensi proprio della disciplina sovranazionale direttamente applicabile, non costituisce un elemento ostativo alla qualificazione della polizza unit linked come assicurativa.

E proprio sulla scorta di una comune normativa europea che trova applicazione immediata da parte di tutti i paesi europei, i giudici nazionali, laddove si trovano a dover indagare sulla natura assicurativa  o meno delle polizze unit linked a fattispecie concrete, dovrebbero riferirsi più spesso proprio a questa normativa comunitaria ed alla conseguente giurisprudenza comunitaria, disapplicando la giurisprudenza di legittimità laddove si ponga in contrasto con questo ultima, in ossequio proprio a quei principi di nomofilachia che tendono a garantire certezza nel diritto e nei rapporti contrattuali.

La strada è ancora lunga ed irta di ostacoli, ma forse meno lunga di quanto ci si crede e la partita è ancora tutta giocare, soprattutto in Cassazione!

Manuela Martellino, Deputy head of Legal Department Life International, Legal & Compliance Department – Bâloise Vie Luxembourg

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Note

Articolo 2, comma 1 del Codice delle Assicurazioni Private (Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209)
Tale funzione nell’ordinamento italiano è descritta dall’art. 65 della legge sull’ordinamento giudiziario italiano (R.D. 30 gennaio 1941 n. 12)
Causa C- 166/2011
Causa C- 542/2016
Vedi: Tribunale di Brescia del 18.06.2018
Direttiva (UE) 2016/97 (Direttiva IDD)
Regolamento (UE) 2016/97

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