Polizze vita dormienti di compagnie estere: sono state davvero “risvegliate”?

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Le polizze vita dormienti sono state oggetto di una recente indagine dell’IVASS, sia in Italia che all’estero. Così sono state “risvegliate” ben 248.176 polizze, per un totale di circa 4,4 miliardi di euro. Gli altri paesi europei seguiranno l’esempio italiano?

Le polizze vita c.d. “dormienti” sono polizze che, pur avendo maturato un diritto al pagamento del capitale assicurato, per vari motivi non sono state liquidate dalla Compagnia e che giacciono nei bilanci di quest’ultima, senza che nessuno le reclami. Si pensi al classico caso della polizza c.d. a vita intera, che dà diritto al pagamento della somma assicurata al verificarsi del decesso dell’assicurato, ma i beneficiari di polizza non abbiano ancora reclamato le somme alla compagnia di assicurazione. E ciò semplicemente perché i beneficiari non ne sono a conoscenza e la compagnia non li ha informati. Ecco spiegato il fenomeno delle polizze dormienti, che ha un principale rischio: la prescrizione (decennale) della prestazione assicurativa e la conseguente devoluzione delle somme non reclamate nei termini presso il “Fondo rapporti dormienti” istituito presso la CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici).

L’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) si è di recente attivata per arginare il fenomeno della dormienza e, quindi, per garantire ai consumatori un’effettiva ed adeguata tutela non soltanto nei confronti delle polizze emesse dalle compagnie di assicurazioni italiane, ma anche di quelle comunitarie, proprio per fare in modo che le prestazioni assicurative siano devolute ai legittimi beneficiari.

L’indagine sulle polizze vita dormienti: facciamo il punto

In prima battuta l’IVASS ha avviato, tra il 2017 ed il 2019, un’indagine sulle polizze dormienti nei confronti delle compagnie di assicurazioni italiane. Tale attività di verifica, che è proseguita anche nei primi mesi 2020, secondo i dati forniti dall’IVASS a fine 2019, ha consentito di “risvegliare” complessivamente 248.176 polizze, per un totale di circa 4,4 miliardi di euro pagati o in corso di pagamento ai beneficiari.

Successivamente, sulla scorta del successo già ottenuto nei confronti del mercato domestico, l’IVASS, con lettera al mercato del 25 settembre 2018, ha deciso di avviare una simile indagine nei confronti delle compagnie di assicurazione comunitarie che operano in Italia in libera prestazione di servizi e di stabilimento, al fine di garantire a tutti i cittadini pari tutela, indipendentemente dal fatto che questi siano assicurati con una compagnia italiana o estera.

In particolare, l’indagine dell’IVASS è stata condotta su 83 imprese di assicurazioni comunitarie originarie dei seguenti Paesi:

  • 7 Austria
  • 1 Belgio
  • 16 Francia
  • 2 Germania
  • 24 Irlanda
  • 8 Liechtenstein
  • 15 Lussemburgo
  • 3 Malta
  • 1 Portogallo
  • 1 Spagna
  • 5 Regno Unito

A queste imprese è stato chiesto di trasmettere una serie di dati relativi alle polizze vita (appartenenti rispettivamente ai Ramo I, Ramo III e Ramo V) emesse in forma individuale e quelle che, ancorché formalmente stipulate in forma collettiva, consistono di fatto in un’adesione individuale ad una convenzione (come ad esempio le polizze collettive di tipo PPI – “Payment Protection Insurance”).

Anche in questo caso l’indagine dell’IVASS ha evidenziato per le compagnie comunitarie il fenomeno delle polizze vita dormienti ed ha consentito di risvegliare 23.392 polizze per un valore complessivo di € 492.122.741, dove l’importo maggiore risvegliato è proprio quello relativo alle polizze a vita intera (€ 388.935.003) da liquidare ai beneficiari.

La reazione delle compagnie di assicurazioni comunitarie

Secondo quanto riferito dall’IVASS nel suo Report del 24 settembre 2020, è emerso che l’autorità di vigilanza italiana ha coinvolto sin dall’inizio dell’indagine le Autorità di vigilanza dei Paesi di origine delle 83 compagnie comunitarie, al fine di acquisire dalle stesse il necessario supporto per l’acquisizione dei dati da parte delle imprese. In generale, la collaborazione dell’IVASS con le diverse Autorità è stata continua e proficua, molto probabilmente perché il fenomeno delle polizze dormienti è un problema comune ad altri Paesi Europei, dove, similmente all’Italia, in Paesi come la Francia, la Spagna e il Belgio, si sono adottati dei presidi ed un’attività di reporting utili a prevenire ed almeno a limitare la portata di tale fenomeno.

Possiamo dire altrettanto per le compagnie comunitarie coinvolte nell’indagine dell’IVASS? Ebbene, come si è potuto constatare dai summenzionati risultati ottenuti dall’IVASS, la risposta delle 83 compagnie comunitarie, in una prima fase, è stata sicuramente positiva. Grazie alla reattività di tali compagnie, è emerso che circa 7,5 milioni di polizze vita scadute negli ultimi 17 anni (per un periodo compreso dal 2001 al 2018) erano potenzialmente esposte al rischio di dormienza, poiché le compagnie non sapevano dire con certezza se l’assicurato fosse deceduto o meno.

Ma la reazione delle compagnie comunitarie non è stata altrettanto positiva, almeno per alcune di queste, quando l’IVASS, contestualmente all’avvio dell’indagine, aveva offerto, con lettera al mercato del 25 settembre 2018, a quelle che non fossero riuscite autonomamente a verificare l’avvenuto decesso degli assicurati, la possibilità di inviare all’IVASS i codici fiscali degli assicurati e beneficiare dell’attività d’incrocio svolta da quest’ultima – grazie all’accordo di cooperazione informatica con l’Agenzia delle Entrate – tra i codici fiscali e i dati sui decessi presenti nell’Anagrafe Tributaria.

Infatti delle 83 compagnie oggetto dell’indagine, 49 compagnie estere hanno aderito alle richieste dell’IVASS, mentre le restanti hanno dichiarato o di non avere in portafoglio polizze residue da accertare, oppure di aver proceduto in modo autonomo ad accertare l’effettiva esistenza in vita degli assicurati ed identificare le polizze dormienti.

E ciò non senza particolari problematiche per quelle compagnie comunitarie che sono state chiamate a conciliare i dettami dell’IVASS con le prerogative domestiche del proprio paese di appartenenza. Tra queste, basti citare l’esempio delle compagnie lussemburghesi le quali, nonostante abbiano partecipato alla fase iniziale di analisi del portafoglio (tranne che per 6 compagnie di cui 2 casi di stabilimento in Italia) non hanno accolto le successive richieste dell’IVASS di acquisizione dei codici fiscali degli assicurati, opponendo il segreto professionale. Posizione questa che è stata supportata e confermata anche dall’autorità di vigilanza assicurativa del Granducato del Lussemburgo in ossequio al principio dell’home country control.

Una questione questa di non facile risoluzione, che va controbilanciata con l’esigenza dei beneficiari di vedersi corrisposta la prestazione assicurativa e pertanto, così come evidenziato dall’IVASS, nel rischio di non ottenere il pagamento della medesima.

Considerazioni finali

Nel complesso possiamo dire che il riscontro positivo ottenuto dall’indagine dell’IVASS sulle polizze vita dormienti, al di là di qualche eccezione, ha sensibilizzato anche le compagnie comunitarie sulla necessità di effettuare al loro interno controlli periodici sull’effettiva situazione delle polizze (soprattutto per quelle polizze con assicurati in età avanzata), adottando nel contempo procedure che, sfruttando i dati esistenti dei sistemi informatici aziendali, nonché i database degli intermediari, consentano di acquisire informazioni aggiornate e di intercettare tempestivamente eventuali decessi, anche a prescindere dalle iniziative e dai sistemi proposti dall’IVASS stessa.

Alcune compagnie comunitarie, infatti, in analogia a quanto accaduto per l’indagine delle compagnie italiane dopo l’indagine dell’IVASS, hanno riconosciuto la necessità di rivedere i propri processi aziendali, nonché di prevedere periodiche verifiche e comunicazioni da parte degli intermediari. Mentre altre hanno programmato iniziative per facilitare il contatto con i contraenti.

Nel frattempo, le attività necessarie a risvegliare le polizze dormienti e ad evitare che il fenomeno possa ripetersi in futuro in misura significativa sono state codificate tra gli obblighi normativi e regolamentari, a cui le imprese sono soggette nell’esercizio della propria attività[i]. Come, per esempio, il prediligere la designazione nominativa dei beneficiari piuttosto che le designazioni di beneficiari generiche quali “eredi legittimi” o “eredi testamentari”, oppure la possibilità per il contraente di nominare un referente terzo diverso dal beneficiario nominativo che la Compagnia potrà contattare al momento del decesso dell’assicurato, ed ancora alla possibilità che tutte le comunicazioni relative alla polizza vengano inviate non solamente al contraente, ma anche ai beneficiari designati nominativamente.

Certo è che le recenti iniziative dell’IVASS nei confronti delle compagnie di assicurazioni italiane ed estere per mitigare il fenomeno delle polizze vita dormienti non hanno costituito un caso isolato, ma le stesse sono destinate a continuare negli anni avvenire, soprattutto laddove, a causa della pandemia, si è assistito ad un incremento dei decessi con conseguente inasprimento di tale fenomeno.

In questo contesto, pertanto, ci si augura che anche le compagnie comunitarie, e non soltanto quelle italiane, possano cogliere nelle iniziative dell’IVASS una buona opportunità per creare ed implementare efficaci processi di monitoraggio periodico delle polizze, così da poter individuare con la dovuta tempestività il decesso degli assicurati e di garantire una tempestiva liquidazione delle somme dovute ai beneficiari a loro tutela ed a tutela dei contraenti che, quando hanno pensato di ricorrere allo strumento della polizza, lo hanno fatto, in primis, pensando di soddisfare le proprie esigenze di pianificazione patrimoniale e successoria.

Bisogna, comunque, osservare che la tematica delle polizze dormienti non è questione prettamente italiana, ma interessa anche tutte le giurisdizioni di appartenenza delle imprese comunitarie. E l’applicazione dell’una o dell’altra giurisdizione è di cruciale importanza. Basti pensare, ad esempio, al fondo previsto da ciascuna normativa nazionale e destinatario delle somme non reclamate ormai prescritte: ogni giurisdizione infatti ha il proprio fondo e reclama l’incameramento di tali importi al ricorrere di determinate condizioni. Ma quale debba essere il criterio di collegamento da applicarsi è questione non semplice: deve essere il fondo nazionale istituito nel paese di residenza del cliente (visto che potrebbe cambiare in corso di contratto)? quello in cui ha sede la compagnia di assicurazione? Oppure quello del paese che regola il contratto (la legge applicabile)? E se l’assicurato è diverso dal contraente? Considerata la posta in gioco (e soprattutto le somme in gioco), la “contesa” non sembra di facile risoluzione.

 

[i] Artt. 11, 18, 42 e 46 del Regolamento IVASS n. 41 del 2 Agosto 2018 e D.L 23/10/2018 n. 119 (convertito con legge 17/12/2018 n. 136) 

 

Manuela Martellino, Deputy head of Legal Department Life International, Legal & Compliance Department – Bâloise Vie Luxembourg

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