Utility, da società controverse a sostenibili. Il caso Enel

Esg non è solo pannelli solari sul tetto, ma chiedersi se un’azienda esisterà ancora tra 20 anni. È il caso di Enel, che dal 2015 adotta un modello di business sostenibile

Da società di proprietà dello stato ad alte emissioni di carbonio ad azienda completamente diversa in quanto a metriche Esg nell’arco di alcuni anni. È il caso di Enel, multinazionale italiana dell’energia nonché uno dei principali operatori integrati globali nei settori dell’energia elettrica e del gas.
Dal 2015 la società ha infatti adottato un modello di business sostenibile e integrato, che le sta consentendo di cogliere le opportunità del settore energetico legate ai trend globali di decarbonizzazione ed elettrificazione. Per il triennio 2020-2022, ad esempio, Enel è concentrata nel raggiungimento del Sustainable development goal n. 13, ovvero la lotta al cambiamento climatico, lungo l’intera catena del valore, decarbonizzando il mix energetico, aumentando la capacità rinnovabile e chiudendo progressivamente gli impianti a carbone, elettrificando al contempo i consumi.

Oltre i rating, investire Esg significa analisi approfondita

Il percorso di Enel verso la sostenibilità ha visto un’accelerazione nel 2014, quando Francesco Starace, prima a capo della divisione rinnovabili della società, è diventato amministratore delegato della società. Nel corso di una lunga biciclettata tra le montagne delle Dolomiti, Starace ha raccontato e discusso la crescente attenzione di Enel alla sostenibilità a Frank Beaudry, Equity investment analyst di Capital Group. “Non è stata la solita visita aziendale di routine, ma mettersi in gioco mi ha dato la possibilità di capire al meglio come è gestita la società”, spiega Beaudry. “Tra i vari saliscendi, abbiamo discusso la curva di apprendimento di Enel, il suo approccio al risk management e il lungo processo di sviluppo delle energie rinnovabili. Cinque anni fa, non avrei visto nulla di tutto ciò da un rating a semaforo rosso, arancione o giallo realizzato da un’agenzia esterna. Avevo la necessità di discutere insieme al Ceo e al Cfo dell’azienda la loro visione, dal ciclo di spesa in conto capitale ai profitti ricavati dalle energie rinnovabili”.

Utility, da società controverse a sostenibili

Per questo Beaudry è convinto che “un azionariato attivo consenta agli asset manager di incoraggiare le aziende a spingersi verso un futuro più verde e pulito”. Soprattutto in settori come le utilities e il minerario, di natura più problematici in quanto hanno molti punti di contatto con i governi e le istituzioni pubbliche, oltre che con il rischio di controversie, partendo dalle emissioni di carbonio fino alla sicurezza degli impianti e al rapporto con le comunità locali. “Uno dei migliori investimenti di oggi potrebbe essere percepito e segnalato come una società altamente inquinante, con una valutazione del prezzo delle azioni che riflette tali problematiche”, spiega Beaudry. “Ma un’analisi lungimirante potrebbe rivelare che tale azienda sta facendo progressi in quanto a sostenibilità. Tra tre o cinque anni il mercato potrebbe riconoscere i suoi sforzi, mentre gli investitori che ci hanno creduto fin dall’inizio potrebbero beneficiarne”.
“Nel mio processo di analisi degli investimenti, le considerazioni Esg sono altamente integrate. Queste possono fare la differenza tra una miniera che continua la sua attività e una che ha solo utili a breve termine per i prossimi cinque anni. Non si tratta di installare pannelli solari sul tetto, ma chiedersi se un’azienda esisterà ancora tra 10 o 20 anni”, conclude Beaudry.

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