Transizione energetica: la chiave è il carbon pricing, ecco perché

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Ridurre le emissioni è il primo passo nella lotta al cambiamento climatico. Per farlo, secondo Legal & General Investment Management, è fondamentale stabilire un carbon pricing efficiente, chiaro e trasparente

Ridurre le emissioni di carbonio è il primo, fondamentale, passo nella lotta al cambiamento climatico. Eppure, finora, la transizione verso le zero emissioni nette viene ostacolata dalla mancanza di azioni concrete. L’avvertimento arriva da Legal & General Investment Management (LGIM) che nel suo recente report “Net Zero 2050: More affordable than ever, if we act now” osserva come di questo passo le emissioni raggiungeranno il loro massimo storico e lancia un allarme: “Le conseguenze finanziarie derivanti da un simile scenario sarebbero molto gravi, pari circa al 10% del Pil mondiale nel 2050 e, in particolare, la procrastinazione continua porterà quasi sicuramente a un forte aumento della pressione inflazionistica”.

La clessidra sta finendo, come agire? Il carbon pricing

La finestra di opportunità per riuscire a mantenere l’innalzamento delle temperature al di sotto dei 1,5 gradi si sta chiudendo molto rapidamente. Secondo gli esperti di LGIM è necessaria una leva politica molto forte e affidabile, che possa portare a un cambiamento rapido e misurabile, e la chiave sta nel carbon pricing: “Attribuire un prezzo efficiente, trasparente e significativo alle emissioni, che possa essere applicato su larga scala, così da dare dei segnali ai mercati e fare in modo che siano questi a trovare una soluzione alla crisi climatica”, suggerisce Nick Stansbury, Head of climate solutions di LGIM.

Parlare di carbon pricing, ossia di tutti quegli strumenti volti a disincentivare le emissioni di biossido di carbonio nell’atmosfera, come la carbon tax, non è una novità. Dalla ricerca di LGIM risulta infatti che oggi il 23% delle emissioni è già soggetto a questo meccanismo, ma i prezzi stabiliti sono troppo bassi per poter segnare veramente una differenza: il costo medio di una tonnellata di CO2, infatti, si attesta intorno ai 6 dollari.

Cosa ostacola la transizione. Costi troppi alti o mancanza di tempo?

Dal report emerge che, rispetto a qualche anno fa, la situazione è molto cambiata. Infatti se prima il problema principale era dato dai costi della transizione, oggi non è più così: il sistema energetico a basse emissioni comporta una spesa davvero bassissima, grazie alle innovazioni tecnologiche.

La sfida più grande, quindi, oggi sta nelle tempistiche con cui il capitale necessario a finanziare la transizione arriverà. La palla passa quindi nelle mani degli investitori che dovranno accelerare drasticamente i flussi di liquidità verso la creazione di un nuovo sistema energetico a basse emissioni. Secondo le analisi dell’International Renewable Energy Agency (IRENA), entro il 2050, l’energia eolica e solare dovranno rappresentare tra il 50% e il 70% della produzione energetica su scala globale. Se nel 2021 l’energia solare corrispondeva a 133GW e quella eolica a 93GW, “abbiamo stimato che per raggiungere l’obiettivo dei 1,5 gradi entro il 2050, i gigawatt generati dall’energia solare dovrebbero essere il triplo di quelli odierni, mentre per l’energia eolica dovrebbero essere il doppio”, sottolinea Stansbury.

Non si tratta di investimenti da poco ed è fondamentale considerare le opportunità che ogni territorio, per quanto diverso, possa offrire. Ad esempio, l’energia rinnovabile e quella nucleare vengono spesse viste come due entità opposte, ma la realtà è che sono due facce della stessa medaglia: se in Europa e in Nord America la produzione di energia nucleare è vista come una tematica molto sensibile e che corrisponde ad alti costi, la situazione è completamente diversa se si guarda all’Asia, dove questa rappresenta un’opzione pratica, economica e indispensabile per raggiungere l’obiettivo del net zero.

Il cambiamento deve partire dai mercati

“Il giorno in cui i mercati si ritroveranno costretti ad attuare misure drastiche per scongiurare un terribile futuro è sempre più vicino. A quel punto dovremo però fare i conti con una transizione più costosa, impattante e ingiusta di quello che dovrebbe essere, con ripercussioni anche gravi sui mercati finanziari”, spiega l’esperto di LGIM.
Per evitare che questo accada, la transizione deve essere un processo guidato dai mercati in modo armonico, ordinato e da compiersi nell’arco di 25 anni, mentre al momento si tratta di un movimento caotico, dispersivo e non unificato.

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