I 20 titoli che hanno riportato la migliore performance nel 2020 hanno avuto un rendimento medio year-to-date di circa il 148%
La crisi in corso ha favorito le aziende esposte alla digitalizzazione, ma i governi hanno rafforzato i loro impegni d’investimento anche sulla trasformazione sostenibile
Resta da sciogliere il nodo relativo alle tensioni tra Cina e Stati Uniti che, secondo gli esperti, potrebbero continuare a inasprirsi anche il prossimo anno
Trasformazione green ed economia digitale
In chiusura dell’anno pandemico, i 20 titoli che riportano la migliore performance nei due mercati “hanno avuto un rendimento medio year-to-date di circa il 148%”, spiegano i ricercatori, guidati da società principalmente legate ai trend della trasformazione digitale e green che hanno caratterizzato gli ultimi mesi (come Etsy, Sinch, Hellofresh, Nel e Adyen). La crisi in corso, si legge nello studio, ha favorito infatti “le aziende esposte alla digitalizzazione” e i governi hanno rafforzato inoltre i loro impegni d’investimento sulla trasformazione sostenibile “con un nuovo Green deal all’interno dell’Unione europea”. Resta esclusa dalla classifica Tesla, recentemente inserita all’interno dell’indice S&P 500, ma che secondo i ricercatori è diventata “una delle aziende più preziose al mondo” grazie all’impennata della domanda di veicoli elettrici.
Nella lista degli “sconfitti” banche e petrolio
Per i titoli che hanno registrato la performance peggiore, invece, si parla di un rendimento totale medio del -54%, trainato principalmente dall’Europa. Spiccano infatti alcune banche del continente, come Societe Generale e Banco de Sabadell, ma anche società di crociera e degli aerei di linea e quelle relative all’industria del petrolio e del gas, “fortemente penalizzate dalla minore domanda di energia”, spiegano i ricercatori. “Considerando quello che la letteratura economica ci tramanda e in base alle evidenze passate, ossia che la performance degli ultimi 12 mesi ci indica in qualche modo la prossima, chiamata effetto momentum, dovremmo aspettarci che i prezzi dei singoli titoli continuino ad aumentare”, aggiungono, spiegando che in linea generale il settore dell’economia digitale e della green energy potrebbero continuare a crescere mentre tutte le società correlate al settore turistico e dei viaggi potrebbero riportare ancora prestazioni inferiori. “Ma nel caso particolare di quest’anno, potremmo anche aspettarci un’inversione di rotta e, quindi, un ritorno alle prestazioni medie dei titoli all’interno della lista”, precisano.
Cosa succederà nel 2021?
Sull’onda di queste valutazioni, secondo gli esperti di Bg Saxo, il prossimo anno ci sono due temi da considerare: innanzitutto la classe politica potrebbe inciampare nell’errore di stimolare eccessivamente l’economia e in secondo luogo la distribuzione del vaccino potrebbe risultare migliore delle attese. Due circostanze che spingerebbero l’inflazione reale in alto e, con essa, anche i tassi d’interesse di lungo termine, favorendo così il settore finanziario e le società esposte all’economia reale. Quanto ai titoli tech, spiegano, “se l’aumento del tasso di interesse viene gestito correttamente e il rendimento dei titoli statunitensi a 10 anni rimane al di sotto del 2%, l’ipotesi è che continueranno a salire, seppur perdendo in relazione alle value-stock”.
Il nodo Usa-Cina: accordo sì, accordo no
Resta da sciogliere poi il nodo relativo alle tensioni tra Cina e Stati Uniti che, secondo i ricercatori, potrebbero continuare a inasprirsi anche il prossimo anno, spingendo sempre più società a “diversificare geograficamente il loro processo di produzione” al di fuori della Terra del Dragone. Un aspetto che si aggiungerebbe alla crescita dell’inflazione, “dato che la globalizzazione, servendosi della Cina come fabbrica del mondo, ha messo un freno ai prezzi negli ultimi 40 anni”. Ciononostante, concludono, “i mercati emergenti continueranno probabilmente a performare bene”.
La corsa delle Big tech potrebbe continuare
Restando sul fronte delle Big tech, invece, stando al Financial Times il valore complessivo delle cinque maggiori società tecnologiche statunitensi potrebbe superare intanto gli 8mila miliardi di dollari. Dopo essere più che raddoppiato in due anni e aver raggiunto i 7mila miliardi di dollari, con il fiato dei regulator sulle spalle, “potrebbe sembrare il miglior momento per disinvestire”, spiega il quotidiano economico-finanziario. Ma Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet e Facebook “hanno superato la crisi in condizioni migliori rispetto alla maggior parte delle altre società” e il prossimo anno potrebbero “brillare mentre il mondo continua a lottare per lasciarsi alle spalle la pandemia”.