Per gli assicurati di Eurovita sarà difficile immaginare un rapido ripristino della facoltà a riscattare le proprie polizze
A Eurovita servono ancora 300 milioni per la messa in sicurezza, ma la soluzione di sistema, che vedrebbe il contributo delle altre compagnie nel salvataggio sta perdendo quota
I tentativi di raccogliere un sostegno collettivo del sistema assicurativo per la ricapitalizzazione di Eurovita avrebbero dato pochi frutti: per questo, l’Ivass avrebbe richiesto e ottenuto dal ministero delle Imprese e del Made in Italy l’apertura dell’istruttoria in vista dell’amministrazione straordinaria della società. Quest’ultima dovrà essere avviata con decreto dello stesso ministero e avrà una durata di almeno un anno, che potrà essere esteso fino a un secondo anno. La notizia è stata riportata dal Sole 24 Ore.
L’appuntamento ufficiale è atteso per fine mese, quando scadranno i termini per la ricerca di nuovi capitali da parte del commissario indicato dall’Ivass, Alessandro Santoliquido. Decorso questo termine, con ogni probabilità, verrà inaugurata l’amministrazione straordinaria, con lo scioglimento dell’attuale amministrazione di Eurovita. In teoria, a fine marzo si concluderebbe anche il congelamento delle nuove richieste di riscatto sulle polizze di ramo I; nella pratica, difficilmente la nuova fase di amministrazione straordinaria potrà ripristinare il diritto di prelevare il proprio denaro dalle polizze di Eurovita, in quanto il coefficiente di solvibilità rimane al di sotto del 100%, nonostante l’iniezione a fondo perduto di 100 milioni di euro effettuata dall’azionista Cinven nelle scorse settimane. Si stima che Eurovita possa essere messa in sicurezza con altri 300 milioni di euro, che al momento non si trovano. Secondo quanto riferisce il Sole, alcune società che collocavano i prodotti di Eurovita, come FinecoBank e Credem sarebbero rimaste le uniche a dirsi disponibili a sostenere la società.
Considerato il trambusto sollevato dalla vicenda, è facile immaginare che, in caso di ‘via libera’ ai riscatti, gli assicurati si getterebbero immediatamente a chiedere indietro il proprio investimento, mettendo a nudo il fatto che, allo stato attuale, Eurovita non potrebbe garantire il rimborso completo delle somme assicurate. Questo danno reputazionale si estenderebbe, inevitabilmente, a tutto il settore assicurativo. Infatti le polizze vita di ramo I nascono per garantire la protezione e la trasmissione del capitale agli eredi e vengono abitualmente rappresentate come uno degli investimenti più difensivi e sicuri in assoluto.
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Perché non si è trovata la quadra per il salvataggio
Eurovita, in modo non dissimile ad altre istituzioni finanziarie che avevano investito in titoli obbligazionari a lungo termine prima del rapido e consistente aumento dei tassi d’interesse (Svb, Silvergate, Signature), ha accumulato nel suo portafoglio rilevanti perdite non realizzate. Le obbligazioni, lo ricordiamo, perdono di valore all’aumentare dei rendimenti e viceversa. L’aumento delle richieste di riscatto ha costretto Eurovita a liquidare in perdita parte di quel portafoglio incassando la perdita di valore dei titoli e, di conseguenza, ha deteriorato il suo coefficiente di solvibilità.
Si può ipotizzare che la “soluzione di sistema”, che avrebbe potuto evitare l’amministrazione straordinaria con il contributo di buona parte delle altre compagnie assicurative, non ha riscosso successo perché rimuovere il commissariamento e ripristinare la facoltà di richiedere i riscatti, da aprile in poi, avrebbe rapidamente deteriorato la situazione ancora una volta. Complessivamente, Eurovita gestisce 9 miliardi di euro in polizze di ramo I (gestioni separate) e altri 6 miliardi di euro in polizze di ramo III (unit linked).