Secondo Roberta Rudelli, l’asset allocation va sempre calibrata sugli obiettivi dei singoli investitori, evitando facili entusiasmi.
I fondi Esg non sono tutti uguali: è essenziale un approccio rigoroso e analitico, anche nella scelta dei prodotti sostenibili.
Da un lato, infatti, rimane un certo margine di manovra da parte degli asset manager: nel famigerato articolo 8 verranno classificati fondi con caratteristiche molto diverse. Da quelli che adottano un approccio molto rigoroso, a quelli che si limitano a estromettere certi settori dall’universo investibile.
Le nuove regole
“Qual è l’obiettivo dell’investitore? Qualsiasi ragionamento deve partire da qui”, premette l’esperta. Perché se lo scopo è fare meglio del mercato, a prescindere da altre considerazioni, allora forse un portafoglio al 100% Esg non è la soluzione ideale: molti fondi sostenibili, ad esempio, sottopesano strutturalmente il settore energy. In fase di rally delle quotazioni petrolifere, tendono a sottoperformare.
Partire dagli obiettivi
Restano in ogni caso alcuni punti fermi: “Gli investimenti sostenibili tendono a mitigare i drawdown, cioè l’intensità delle correzioni. Offrono quindi una maggiore protezione nei momenti di elevata volatilità. Sul lungo termine, questa caratteristica favorisce un migliore rendimento, corretto per il rischio”.
Un approccio corretto agli investimenti tematici
Un esempio? I fondi tematici si muovono tipicamente nel recinto delle soluzioni azionarie globali. Potrebbero essere inadatte agli investitori che prediligono un’esposizione alle Borse europee o vogliono limitare l’esposizione ai mercati emergenti. Di nuovo, bisogna partire dagli obiettivi del singolo investitore”.
La scelta del Gruppo Unicredit è stata quella di affiancare alla asset allocation tradizionale – basata su geografie e settori – alcune componenti tematiche, che possono valere, mediamente, il 20% della componente azionaria.
“A scelta dell’investitore, può arrivare anche al 40 o al 50%. Ma in questo caso, occorre ricalibrare l’intera asset allocation, un lavoro a quattro mani tra direzione investimenti e banker, per evitare che si verifichi un’esposizione eccessiva a certi segmenti o aree del mercato sul patrimonio complessivo dell’investitore. Bisogna bilanciare attentamente opportunità e rischi, un processo che si attua tenendo in primo piano il cliente, i suoi obiettivi, la sua propensione al rischio e l’orizzonte temporale più indicato”.
D’altra parte, l’interesse per l’investimento tematico è in costante ascesa. Per ragioni di ordine sia commerciale molti temi offrono argomenti convincenti alla narrazione che supporta l’attività distributiva – che sostanziale: i fondamentali di alcuni megatrend appaiono più che solidi.
“Noi abbiamo identificato sette temi, che al momento sono equipesati: tra questi, c’è l’healthcare, particolarmente interessante, in questa fase”. La pandemia ha messo in evidenza la vulnerabilità di molti sistemi sanitari. “Ci saranno grandi investimenti e quindi grandi opportunità”, osserva Rudelli.
Ad esempio, in aree che ultimamente sono state trascurate, in conseguenza dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, come l’oncologia. “È un tema molto importante: può dare soddisfazione sia in riferimento al ritorno economico, nel medio lungo termine, che in termini di contributo alla ricerca scientifica sulle patologie tumorali. La sensibilità degli investitori è molto diffusa e il riscontro che abbiamo ricevuto dai banker è stato subito molto positivo. La tematica è già all’attenzione dei nostri clienti: abbiamo infatti anche selezionato un fondo specializzato, gestito da Candriam, nella nostra offerta globale, non solo in Italia, ma anche in Austria e Germania”.
Gli aspetti tecnici da non sottovalutare
“Se un prodotto è focalizzato su una nicchia troppo specifica c’è il rischio che, quando il fondo cresce, il gestore sia costretto a snaturare la strategia iniziale, perché ha assunto posizioni così rilevanti su alcuni titoli da non poter più garantire una gestione flessibile e dinamica avverte Rudelli -. È fondamentale quindi fare approfondimenti e avere un confronto con i gestori, per comprendere quale sia la capacità massima del fondo e come il gestore interpreti un determinato tema: con un focus esclusivo sulle aziende che producono un determinato componente o magari anche sui modelli di business che, indirettamente, ne beneficiano”.
Visto da questa prospettiva, l’healthcare non è più solo il settore difensivo (e un po’ noioso) che gli investitori sono abituati a inserire nei portafogli. Ma “racchiude segmenti molto innovativi e con dinamiche di crescita e di business diverse dalle grandi società farmaceutiche, che possono dare accesso a opportunità molto interessanti”.